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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

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Fine

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Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

Da Levkas ad Othonoi

Navigation

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* 1° itinerario 2010

* 2° itinerario 2010

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Avevamo lasciato ormai alle spalle il "mare chiuso" quando eravamo arrivati a Levkas venendo da Sud: da Nydri, per l'esattezza. Ricordavamo bene il passaggio del ponte (immagine satellitare 1) che chiude il transito delle barche sul canale che, verso Nord, porta da Levkas al mare aperto. La foto satellitare seguente mostra il nostro arrivo a "Levkas" all'andata, andando verso Sud. Questa volta avremmo fatto il percorso inverso: eravamo ormerggiati in banchina e dovevamo andare verso Nord, passare il ponte levatoio ed uscire in mare aperto.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                                 (immagine satellitare 1)

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Questa mappa si riferisce alla nostra partenza da Levkas, diretti a Nord. 

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Ora… Bisogna che spendiamo due parole su questo ponte. Nella foto sopra ho scritto che si tratta di un ponte levatoio: non è proprio così. In realtà è stata costruita "un'enorme chiatta" che viene posta di traverso sul canale a mo' di sbarramento ed ormeggiata fissa al suo posto. Poiché la parte di sopra è stata costruita a guisa di una strada (persino asfaltata) per l'attraversamento di veicoli, per fare salire e scendere le automobili, si è pensato che nulla vi fosse di più collaudato del meccanismo usato nei traghetti: un ponte levatoio. Così ne hanno piazzato uno per parte ed hanno risolto il problema.

Da una foto disponibile in internet

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La chiatta con il ponte levatoio parzialmente alzato... Proprio come accadde a noi.

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Nella foto sopra si vede bene il meccanismo utilizzato: due enormi pistoni comandati idraulicamente. Bene ! Torniamo a noi. Il ponte viene aperto, durante il giorno, allo scadere di ogni ora. Il giorno della partenza, poiché eravamo diretti a Preveza che si trova a poche miglia di distanza, avevamo pensato di passare il ponte alle ore 9… Con calma. Senonché Margherita alle sette era già sveglia: quando è giorno di partenza si sveglia sempre presto. Ci siamo "tirati su dal letto", abbiamo preso il caffé, ci siamo lavati ed abbiamo mangiato qualcosa. Alle otto meno venti, Margherita propone: "salpiamo subito… Siamo in tempo a infilare l'apertura delle otto… Se no, ci tocca aspettare un'ora senza far niente ". E così… come spesso accade a bordo del July, si è passati in pochi secondi dal relax più totale al panico dichiarato. Lasciato l'ormeggio, il canale per arrivare al ponte misura circa un miglio. La barca, con motore ad andatura sostenuta, per percorrere un miglio impiega dieci minuti... Noi dovevamo prepararci a salpare, mollare gli ormeggi e recuperare l'ancora prima di metterci in movimento… Insomma, come al solito… Tutto normale. Quel povero July, non si era ancora svegliato, che, senza sapere come, si trovava spinto a tutta forza verso un ponte levatoio che stava per chiudersi. Il tempo passava inesorabilmente e, quando abbiamo visto l'ultima barca uscire,mancavano solo un paio di minuti. Io continuavo a dire che non ce l'avremmo fatta mentre Margherita continuava a spiegarmi che ero stato troppo lento a salpare… Insomma era proprio colpa mia. Poco dopo infatti il ponte aveva inesorabilmente iniziato la discesa. Io ormai non respiravo più da un pezzo. Margherita invece aveva fiato da vendere e continuava a spiegarmi come mai fossimo in quella situazione. Ormai senza ragione, lasciavo che il povero July continuasse a sbuffare verso l'uscita. Non era una scelta consapevole. Semplicemente continuavo a pensare se mai vi fosse qualcosa che potessi fare… Ma cosa ? Ormai mancavano circa duecento metri… Incredibilmente mi sono accorto che avevano bloccato la discesa ed il ponte si era fermato così… Mezzo aperto e mezzo chiuso. Se finora mi era sembrato che il July fosse proprio una lumaca, adesso mi sembrava invece che la barca fosse lanciata a velocità folle. Il ponte levatoio era rimasto a metà: minacciava orrendamente albero e sartiame. Inoltre sapevo che il canale sui bordi non è mai ben dragato. "Tra pochi secondi" -  pensavo  -  "mi devo ficcare in quel buco sperando di passare. Lo spazio è pochissimo: un po' troppo a destra e disalberiamo, un po' troppo a sinistra e prendiamo il fondo del canale". Allora ho smesso di manovrare normalmente. Col July spinto a tutta forza mi sono concentrato esclusivamente sul sartiame perché passasse a pochi centimetri dal ponte ignorando volutamente tutto il lato sinistro. Ero sicuro di passare se solo avessi evitato di commettere errori.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                    (immagine satellitare 2)

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La rotta del July da Levkas a Preveza.

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"Uff ! E' andata"… - Ho detto tra me e me dopo un interminabile stretta al cuore -" Devo ricordarmi di non mettermi mai più in una situazione come questa". Ma in realtà ero scosso: la sensazione di passare al pelo era stata troppo forte... E non mi era piaciuto per niente. Stavo ancora ripetutamente pensando all'accaduto (in questi casi, non si riesce a smettere di pensare... Non si riesce a passare oltre), quando mi sono accorto che ero già entrato nella zona dei bassi fondali prima della "svolta" a sinistra per uscire in mare. Avevo la lingua  di sabbia a sinistra e la secca a destra. Così, "mi sono risvegliato" di colpo impreparato quando ho visto una boa galleggiante sporca e di colore indefinito non troppo lontana dalla sabbia. Avrebbero dovuto essere due le boe: una verde ed una rossa. Invece io ne vedevo una sola e, per di più, di colore diverso. Allora improvvisamente mi è venuto un dubbio: "devo stare a destra o a sinistra della boa ?" Nessun ragionamento avrebbe potuto aiutarmi. Era così vicina alla lingua di sabbia che sembrava impossibile che il passaggio fosse da quella parte. Continuavo a vedere il fondo scorrere sotto la barca: l'acqua era limpidissima. Poi mi sono ricordato che entrando, la volta scorsa, ero stato sorpreso da quanto ci si potesse avvicinare alla lingua di sabbia senza rischiare di toccare. Così sono passato lasciando la boa a destra... E tutto è andato bene. Ho giurato che la "prossima volta" che mi fossi trovato a transitare da queste parti, avrei circumnavigato tutta l'isola: "col cavolo che mi beccano ancora !"

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                    (immagine satellitare 3)

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il canale dragato per entrare nella laguna di Preveza.

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Una volta "libero" da quelle strettoie, in un'oretta eravamo già pronti ad entrare davanti all'ingresso dello stretto canale che porta a Preveza. Questa si trova all'interno di una laguna. Guardando la foto sopra, si vedono chiaramente i fondali bassi a destra ed a sinistra dell'ingresso. Avremmo dovuto percorrere un altro canale navigabile dragato. Questa volta, le carte dicevano che avremmo dovuto trovare due boe all'ingresso del canale: una rossa a sinistra ed una verde a destra. Ma questa volta le boe erano dove avrebbero dovuto essere e non abbiamo avuto problemi. Percorso tutto il canale, abbiamo puntato a sinistra verso l'abitato ed abbiamo trovato posto subito in banchina proprio al centro del paese.

"Uff !" - mi è venuto da pensare - "La Grecia è bella. . . Ma è bella anche la Liguria. . . Li a due metri da riva abbiamo cinque metri di fondo. . .  Non è male ! "

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Si fa sera a Preveza : dal pozzetto del July, ormeggiato "in centro", ci godiamo il passeggio.

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Ci siamo fermati due notti a Preveza: il 26 e 27 luglio. Una sosta tranquilla e rilassante. Unico neo: eravamo ormeggiati di fianco in banchina proprio all'imboccatura del Marina e, durante il giorno, il via vai dei barchini che entravano e uscivano ci mandavano di lato un po' di maretta. Devo dire che non siamo venuti a Preveza per le sue attrazioni turistiche; eravamo piuttosto interessati a raccogliere un paio di informazioni. Uno, volevamo vedere coi nostri occhi lo "stato" del Marina; due, volevamo saperne di più sui cantieri per l'alaggio delle barche.

Bene!... Il Marina, nel senso di luogo gestito ed attrezzato, non esiste. Esiste il porto con le sue banchine ma l'appalto per darlo in gestione ad una società di privati non ha dato risultati e le banchine sono occupate abusivamente da chi si è accaparrato un posto gratuito o quasi. Come sempre accade in questi casi, l'intraprendenza di qualche locale che si offre per "risolvere" i problemi di chi decide di fermarsi porta ad una "quasi gestione" abusiva. Inoltre, com'è logico, niente acqua e niente luce in banchina.

Come abbiamo visto, Preveza si trova sulla riva sinistra (entrando) del largo canale di ingresso alla laguna, sulla riva opposta esistono tre cantieri di alaggio e varo. Uno, chiamato Cleopatra, si da un sacco di arie e si fa pagare di più degli altri, ma in sostanza la "musica" è ovunque la stessa.

Essendo sulla riva opposta, questi cantieri rimangono isolati dal centro abitato (a meno di non usare una barca). E' stato costruito un tunnel (a pagamento) per congiungere le due sponde. Solo il Cleopatra ha organizzato un pulmino privato che porta a Preveza la gente due volte al giorno… Ma non è un posto per viverci anche un mese (come facciamo noi subito prima e subito dopo la “fase navigante” della vacanza).

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                                                   (immagine satellitare 4)

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La rotta del July da Preveza all'isola Othonoi dove lasceremo la Grecia.

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Eravamo diretti a Nord. L'idea era quella di fare il percorso lentamente godendo ancora degli ultimi giorni di luglio. Come abbiamo già avuto occasione di dire, non volevamo restare nella Grecia ionica ad agosto. Quindi abbiamo deciso di fermarci una notte a Paxos. Lasciata Preveza, siamo andati a gettare l'ancora in una bellissima baia di Antipaxos, un'isoletta a Sud di Paxos praticamente disabitata.

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La baietta ad Antipaxos vista dal July.

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Basta dare un'occhiata alla foto sopra, scattata dal pozzetto del July mentre eravamo ancorati nella baietta di Antipaxos, per capire quanto fosse bello ed attraente il posto. Ma agosto si avvicinava inesorabilmente ed eravamo già circondati da mille chiassosi barchini dei vacanzieri che a Paxos hanno una seconda casa. Incredibilmente, dopo aver dato ancora, non siamo rimasti per più di un paio di minuti: "recupera che si riparte”…- avevo detto a Margherita - "è meglio andare subito a Paxos; arrivando per tempo troveremo posto più facilmente, poi andremo a fare il bagno nella nostra spiaggetta". Infatti, abbiamo fatto la cosa giusta. La sera, siamo poi andati nella taverna di fronte dove, all'andata, avevamo mangiato la migliore "mousaka" della Grecia. E' bello avere le proprie abitudini… Ma ormai era tempo di andare. Avevamo già avuto le avvisaglie di quello che sarebbe successo ad agosto. Così il giorno dopo, il 29 luglio, siamo partiti per Mortos… Che nome ! In effetti, guardando sulle carte, al momento in cui scrivo, trovo il nome di Sìvota e non di Mortos… Mistero !

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                               (immagine satellitare 5)

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La baietta ed il porticciolo di Sìvota dietro l'isola di Murtos.

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OK ! - Il mistero è risolto. L'isoletta dietro la quale avrei trovato il porticciolo si chiama proprio Murtos (… e non Mortos). Poiché ha delle baie molto belle per fermarsi a fare il bagno, ogni volta che cercavamo informazioni su questa costa, ci suggerivano di andare a vedere Mortos… Così io ho finito per memorizzare il nome Mortos (... e non Murtos, comunque nessuno ci ha nominato Sìvota). Così, ancora una volta, ci siamo fermati una sola notte. Due passi per conoscere il posto, un bel bagno nella spiaggia a Nord del porto e via. L'indomani mattina siamo salpati per andare a gettare l'ancora nella rada a Sud di Kerkira, il capoluogo dell'isola di Corfù.

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La fortezza di Kerkira vicina al nostro punto d'ancoraggio.

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Siamo scesi a terra col "gommino" (mi fa effetto chiamarlo gommone…) ed abbiamo rivisto Kerkira dopo parecchi anni. Nel 1993, avendo lasciato la barca a Palaiokastritsa, abbiamo affittato un paio di motorini (all’epoca, a bordo c'erano anche Marco, nostro figlio, ed il suo amico Pippo), coi quali abbiamo fatto il giro dell'isola venendo anche a Kerkira per visitarla. Poi, l'indomani di buon'ora, abbiamo salpato l'ancora per andare ad Othonoi (proprio in quel momento abbiamo scattato la foto sopra nella quale si nota la luce radente del mattino ). La rotta che abbiamo fatto ci ha portato a poche centinaia di metri dall'Albania. L'isola di Corfù, infatti, vi arriva quasi addosso. Ci avevano consigliato di rimanere molto vicini al "suolo greco" per evitare possibili pericoli, ma, in realtà, non abbiamo avuto problemi. Così, nel primo pomeriggio abbiamo gettato l'ancora nella rada di fronte allo scalo dell'isoletta "sperduta" di Othonoi nel Canale D'Otranto. Era la prima volta che vi sbarcavo…. Ma, in qualche modo, l'avevo già vista.

 

Nel 1993, avevamo da poco comprato il July a Marina Di Ravenna, eravamo partiti da Brindisi in rotta per Corfù. Erano già un paio di giorni che soffiava teso da Nord Ovest ed avevamo deciso di partire nonostante un forza cinque stabilito. Ben presto, mano a mano che ci inoltravamo nel bel mezzo del Canale Di Otranto, le onde si facevano più grosse. Ricordo bene quando, ritornando in pozzetto dopo aver fatto il punto nave al tavolo da carteggio, ero rimasto agguantato ai "tientibene" sulla scaletta fissando una montagna d'acqua che mi stava raggiungendo da dietro. Ma il July era bene in assetto, si sollevava e lasciava passare quella "massa liquida" sotto di sè senza problemi. Così, una volta notte, continuavamo a navigare veloci e ben invelati. Tenevo un andatura al giardinetto… Non proprio poppa piena. Questo mi dava una buona stabilità. Ad un certo punto, ho visto un faro di prora a sinistra. La sana abitudine del marinaio mi ha suggerito di rilevarne immediatamente le caratteristiche. Quindi sono sceso in cabina, al tavolo da carteggio, per fare il punto e confrontarlo col rilevamento del faro… Tutto "quadrava": si navigava bene! Uscito in pozzetto però, il faro era sparito. Se non avessi preso i tempi, avrei avuto un sacco di dubbi. Avevo visto il faro di Othonoi, non c'era dubbio… Ma poi era sparito. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Di notte, in mare, non si hanno riferimenti. Io ero in navigazione stimata: unico mio riferimento, al momento, era la bussola (il LORAN a bordo aveva smesso di funzionare dopo Brindisi a causa del noto blackout della stazione turca dell'epoca). Dovevo assolutamente capire cosa stesse accadendo: io ero in rotta di avvicinamento al faro scomparso… Impossibile che non si vedesse più. Il mare, visto dal pozzetto di una barchetta, era grosso… Forse avevo capito: il faro emette lampi di luce… Se proprio mentre c'è il lampo io mi fossi trovato nel cavo d'onda, la massa d'acqua mi avrebbe impedito la vista. Così mi misi a fissare il punto nel buio, il punto dove avrebbe dovuto trovarsi il faro. Ma della sua luce nessuna traccia… Nulla. Non ero affatto tranquillo. Non era per niente rassicurante non sapere dove stavamo andando in quella notte burrascosa. Poi, all'improvviso, ho avuto un'idea. Mi sono precipitato giù in quadrato al tavolo da carteggio per cercare la carta nautica a maggiore scala. Forse c'ero arrivato, forse tutto aveva una spiegazione. Il faro di Othonoi si trova sul versante Est dell'isola e con la nostra rotta (passavamo ad Ovest) la stessa isola lo avrebbe coperto. Il ragionamento offriva una soluzione logica: ma io volevo una prova inconfutabile. Allora sono uscito in pozzetto ed ho manovrato per cambiare rotta. Cazzate le vele, ho messo in rotta per Est. Avrei navigato verso Est fino a quando non avessi rilevato di nuovo il faro che, a questo punto, avrebbe dovuto comparire di nuovo. Ma il cambio di rotta si faceva sentire. Il July si impennava sulle onde, ora al traverso, ed il vento era diventato furioso. Prima, fuggendo la burrasca nella sua stessa direzione, il vento a bordo era il vento reale diminuito della nostra velocità. Adesso, al traverso, il vento lo si prendeva in pieno. Ma andava bene così... Dovevamo sapere. Poi, dopo un tempo che a me pareva interminabile, finalmente abbiamo visto ricomparire il faro: il ragionamento era giusto. Allora ho rifatto il punto nave ed ho calcolato la nuova rotta: sarei passato molto più vicino all'isola di Othonoi di quanto fosse inizialmente previsto… E l'isola ad un certo punto era comparsa davanti a noi; prima tenue, come un'ombra più scura, poi sempre più distinguibile nella notte. Ricordo bene come mi sentivo sereno nonostante la burrasca mentre sfilavo veloce Othonoi in navigazione verso Corfù.

Tornando ai giorni nostri, siamo rimasti solo una notte all'ancora nella rada di Othonoi. Durante la notte abbiamo sentito il vento soffiare dai quadranti settentrionali... Ma eravamo ben protetti dall'isola.

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Album fotografico del tratto tra Levkas e l'isola di Othonoi.

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La mattina dopo siamo partiti di buon ora per andare a Santa Maria Di Leuca… Avremmo rivisto l'Italia… Cinquanta miglia di mare… Saremmo arrivati nel primo pomeriggio. Tempo bello, mare calmo, ma è stata comunque una traversata "scioccante": noi eravamo i soli a navigare verso l'Italia, coloro che venivano in senso contrario, coloro che dall'Italia andavano in Grecia, costituivano invece una vera interminabile fila di barche. Era il primo giorno d'agosto e l'Italia andava in ferie… Meno male che siamo scappati in tempo.