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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

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Fine

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Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

stellina gialla

Da Corfù a Aegina

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Partiamo finalmente... Lasciamo Corfù dopo venti giorni di vacanza. Un periodo bellissimo e pieno di ricordi. Lasciamo degli amici a Corfù, ma questa è la vita del marinaio e, anche se siamo marinai del tutto "atipici", quel che facciamo oggi è proprio in linea con questa affermazione. Un detto dice "la mano non si scaldi mai nella mano dell'amico": è una cosa che bisogna accettare. In compenso abbiamo tanti amici e la "qualità" delle amicizie che abbiamo in questa vita "errabonda" è semplicemente fantastica.

La barca è in piena forma ed il motore è stato controllato a fondo da meccanici di livello. Non ho alcun dubbio su questo punto. Tuttavia per ora terremo il motore un po' sotto il numero dei giri standard delle nostre traversate. Non faremo una lunga tappa: puntiamo all'isola di Paxos (meno di 30 miglia).

Sappiamo che Γαιοσ (Gàios, nell'isola di Paxos) è un delirio ad agosto, ma la conosciamo bene e comunque voglio essere prudente col motore. Ci faremo queste prime miglia con calma e domani, se tutto va bene, metteremo la barca alla frusta come al solito.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                          (immagine satellitare 1)

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L'incredibile morfologia di un "canale" che separa un isolotto dall'isola madre, Paxos. 

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Il motore va proprio bene. Ho dato un'occhiata alla sentina due o tre volte in navigazione ed è asciutta. Arriviamo all'isola di Paxos abbastanza presto e troviamo subito posto a terra. Qui, trovare posto in agosto può essere molto probabile o quasi impossibile a seconda degli orari. Un numero incredibile di barche italiane "in ferie" discende la costa adriatica per arrivare a far le vacanze nella Grecia Ionica. Molte imbarcazioni sono "cariche a palla" (piene di gente) e passano qui una o due settimane. Le giornate di costoro sono tutte simili: sin dalla mattina si sta in caletta a fare bagni e poi, nel secondo pomeriggio, si torna in porto per la serata e la notte. Ciò vuol dire che al mattino tutti mollano gli ormeggi e se ne vanno per conto loro liberando tantissimi posti; ad una certa ora del pomeriggio invece tutti rientrano, i posti si esauriscono rapidamente e da quel momento, per due o tre ore, si assiste ad una lotta serrata tra i ritardatari per cercare di sistemarsi ad ogni costo. È in questa fase che se ne vedono di tutti i colori.

Sapendo bene come stiano le cose, quando arriviamo, cerco di piazzarmi in modo strategico. Abbiamo diverse opportunità... Anzi, direi un'ampia scelta. Così decido di "piazzarmi" nell'ultimo posto in fondo, dove la banchina fa una piccola curva, finisce la fila dei cabinati e comincia quella dei barchini locali. Stendo la linea d'ancora con molta cura: non voglio che qualcuno metta la sua catena sopra la mia... Domattina si parte all'alba.

Così, sicuro del fatto mio, sistemo bene gli ormeggi e scendo dalla barca. Ma non vado lontano. Appena scende anche Margherita, ci sediamo al tavolo di un ristorantino a tre metri dalla barca. Ci piace molto pranzare qui. Infatti, come abbiamo visto, la folla arriverà più tardi; per il momento siamo in pochi e ci godiamo la giornata in un posto senza ressa. Gàios non è cambiato molto in questi anni. La prima volta, siamo arrivati col July nel 1993: l'anno in cui l'abbiamo comperata a Marina di Ravenna e l'abbiamo portata a Genova durante le vacanze estive. Abbiamo tanti ricordi qui. Una vecchia foto ritrae il July allora mentre lascia questo scalo...

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Una vecchia foto del 1993 ritrae il July che esce da Gàios a Paxos.

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Il sole è alto ed il caldo si fa sentire, ma noi qui siamo di casa, sappiamo dove andare per farci un bel bagno ristoratore. Il tempo vola e quando rientriamo troviamo già la ressa dei "vacanzieri nautici" in "frenesia da ormeggio". Ma la vera sorpresa, quello che non avremmo previsto mai, la troviamo quando raggiungiamo la barca. Alcuni locali si vendono l'ormeggio dei propri barchini. In cambio di una lauta mancia, li rimuovono e cedono il loro posto. Adesso abbiamo tre barche a motore alla nostra destra e sicuramente almeno una di queste ha messo la sua catena sulla nostra. Facciamo buon viso a cattiva sorte. Prendiamo contatti con i tre e stabiliamo di collaborare l'indomani mattina alle sette quando salperemo... Vedremo.

Dopo una serata trascorsa serenamente (non sarà certo la catena di un'ancora a farmi perdere il sonno), passiamo una mezzoretta in pozzetto a "bere qualcosa" e godere di questa atmosfera magica. A quest'ora il "fragore delle armi" al culmine della battaglia è un ricordo lontano: tutto si è acquietato, anzi, si fa fatica a ricordare. Non sembra vero che accada quel che accade e non è raro riconoscere qualcuno degli "eroi" che si è distinto in combattimento, vestito a festa, che scende a terra e si intrattiene affabilmente con quanti lo circondano.

Ed è così che dopo un sonno ristoratore, come da accordi, svegliamo il vicino e ci prepariamo alla manovra. Abbiamo scambiato dei convenevoli con loro e si dimostrano pronti e cortesi nel fare la loro parte. Solo pochi minuti senza stress e siamo liberi.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                                                              (immagine satellitare 2)

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La rotta del July da Gàios a Paxos, fino a Trizonia (con sosta a Sivota Bay e Mesolongi).

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Adesso siamo in viaggio per davvero. Da due giorni stiamo seguendo con molta attenzione le previsioni meteomarine. Oggi ci aspettiamo una galoppata di oltre cinquanta miglia che ci porteranno a passare la notte nella rada di Sivota Bay, già a Sud del Mare Interno. Vogliamo arrivare a Trizonia, nel Golfo di Corinto, dopodomani. Lì, potremmo fermarci a piacimento alcuni giorni. A quel punto saremo ad una o due giornate di "distanza" dal canale... Quasi arrivati.

Ognuna di queste tappe porta con sé le sue insidie. Oggi dovrebbe cominciare a soffiare a burrasca nel primo pomeriggio. La direzione del vento dovrebbe essere Nord-Ovest. Potremmo agguantarlo e volare sull'acqua... Vedremo. Il fatto è che nelle prime ore il mare monterà, ma dopo, col passare del tempo, diventerà pericoloso da queste parti. Quindi la strategia è semplice: scappare da Paxos per non restare bloccati e poi prendere la burrasca solo per due o tre ore correndo verso Sud fino a doppiare Capo Lefkada (promontorio a Sud dell'isola di Levkas). Una volta doppiato il capo, navigheremo lungo costa ormai protetti dalla terra e quindi arriveremo per sera a Sivota Bay dove daremo ancora in rada.

Attendiamo con ansia i segni premonitori dal largo. Di solito, prima del vento, vediamo delle onde morte giungere dalla direzione dalla quale soffierà. Ma non succede niente. Mantengo il motore ben allegro e tutto il fiocco a riva per poter sfruttare al massimo la spinta di questo venticello che non disdegnamo. La barca corre veloce sull'acqua e stimo una certa corrente favorevole perché maciniamo miglia ad un ritmo impressionante. Alla fine, quando proprio sono convinto che per adesso la burrasca non verrà, mentre stiamo per doppiare Capo Lefkada, arriva la gran botta. La vedo arrivare sull'acqua e riduco di molto la superficie di fiocco esposta. Saranno trenta nodi... Non male... Il mare bolle già, ma noi in pochi minuti ci portiamo al sicuro a ridosso della costa.

È stato un azzardo, ma ha pagato.

Avanziamo sbandati a motore con pochissima vela a riva. Mi sorprende questa navigazione. La teoria... La mia... Vorrebbe un'andatura ben protetta, magari parzialmente, non solo dal mare ma anche dal vento. Ma che ci sta a fare questa costa massiccia che ci sovrasta? Ovviamente la configurazione delle vallate e la direzione del vento in questo momento danno questo risultato. Comunque non ci lamentiamo. Arriviamo senza problemi nella rada di Sivota Bay e, come immaginavo, di posti a terra ce ne sono pochi e quei pochi sembrano problematici. Scopriamo che il vento non diminuisce neanche qui. Ci portiamo molto in fondo nella rada e diamo ancora su cinque metri d'acqua. Conosciamo la baia, l'ancora e il fondale e sappiamo quello che facciamo. Vediamo barche fare e rifare le manovre sotto un vento sferzante che condiziona tutto. Vediamo anche gente uscire per andare da qualche altra parte: dopo aver fatto diverse volte la manovra, non sono soddisfatti del posto che hanno scelto o la loro ancora ara sotto la spinta delle raffiche. Io controllo il July: mi prendo un allineamento a terra e verifico che la barca non si sposti neanche sotto le raffiche peggiori. Dopo dieci minuti, mi sento tranquillo. Adesso il programma è relax, aperitivo, cena a bordo e una serena attesa che spunti la luna... Dovrebbe esserci la luna stasera.

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Sosta a Sivota Bay (foto presa a bordo del July guardando l'ingresso della rada a poppa).

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La foto sopra mostra la rada vista dalla poppa del July. Un occhio esperto intuisce dall'increspatura dell'acqua quanto sia teso il vento, ma siamo totalmente protetti dal mare che si mantiene liscio anche sotto le raffiche peggiori.

Come da manuale, durante la sosta all'ancora, la barca rimane in assetto di navigazione. Persino le chiavi rimangono inserite nel quadro motore. Occorre essere pronti a manovrare istantaneamente se servisse, ma sono tranquillo e infatti la notte dormiamo profondamente.

La mattina dopo, alle prime luci del giorno, in pochi secondi siamo in moto e dirigiamo verso l'uscita della baia che conosciamo ormai da molto tempo. La navigazione di oggi, fino all'ingresso del Golfo di Patrasso, dovrebbe essere a favore di vento. Ma le previsioni dicono che la burrasca in corso non arriverà dove stiamo andando: dovrebbe rimanere fuori da questo specchio di mare, al largo verso Ovest (dove eravamo ieri).

Proprio come previsto, mano a mano che ci allontaniamo da Sivota Bay, il vento cala fino a ridursi a ben poca cosa. Noi facciamo un viaggio sereno e ci presentiamo verso le tre del pomeriggio di fronte alle boe che segnalano l'ingresso del canale dragato che porta a Mesolongi. Siamo stati molte volte in questo posto e non ci stressiamo più per piccole cose come boe mancanti o altro. Entro tranquillo rimanendo un po' sulla destra del tracciato delimitato dalle boe (esattamente dove dovrei passare secondo la segnalazione ufficiale). Il trillo del profondimetro però ci fa sobbalzare improvvisamente. Segna due metri e venti (noi peschiamo due metri). Non c'è nessuno in giro... Posso stare anche più al centro... Riduco la velocità al minimo e dirigo verso sinistra... Meglio andare in acque più profonde. Ma il profondimetro continua a strillare... Arrivo a leggere due metri e dieci... Sto quasi per fermare la barca e tornare indietro... Poi, di colpo, il fondo passa a tre metri e settanta... Uff!... Dovrebbe essere dragato a sei metri.

Allarme cessato. Non abbiamo più sorprese fino in fondo. Quando arriviamo, dirigiamo a destra verso il tratto banchinato vicino alla presa dell'acqua. Sono veramente sorpreso. Mi aspettavo di trovare molte barche ed invece ce ne sono solo due. Una di ricchi norvegesi (bellissima ed enorme) l'altra di un italiano (più normale). Accosto contento di tanto spazio. Il riverbero del mare non mi consente di accorgermi che ci sono quintali di vegetazione che, spinta contro la banchina dal vento, galleggia ammucchiata lì sotto. Questo fatto mi sorprende e mi preoccupa tantissimo. Penso subito ai filtri dell'acqua del motore. Ma è troppo tardi per fare qualsiasi cosa. L'unica è spegnere subito tutto e sperare. Devo assolutamente fare una cosa adesso: andare in una banca per procurarmi dei contanti. Domani vogliamo andare a Trizonia e lì non ci sono banche.

Tuttavia, per pura cortesia, vado a scambiare due parole con i norvegesi. Siamo dietro di loro; hanno acceso il motore e non vorrei averli disturbati in qualche modo.  No, no... Scambiamo un po' di informazioni e poi mi dicono che hanno fatto la spesa a terra e adesso vanno a passare la notte all'ancora. Bene!

Senza ulteriori indugi, prendo le mie cose e vado in banca di corsa. Margherita rimane in barca perchè radio banchina ci ha parlato di possibili furti sulle barche. Non si sa mai.

Ci metto un po' a trovare una banca. Nell'abitato sembra che ce ne sia una sola e faccio davvero fatica a trovare qualcuno che me la indichi. Appena prelevo i soldi, con la tessera ancora in mano, squilla il cellulare: è Margherita. Tutta agitata mi dice che ha parlato con l'italiano ed ha saputo che c'è una banda di zingari stranieri che compie furti sistematicamente e sono così pericolosi che non è il caso di dormire in banchina: dobbiamo assolutamente andare all'ancora (cosa che l'italiano sta facendo in questo momento). "Presto!... Fai presto... Non voglio restare qui da sola" - mi incita per telefono-.

Certo, non posso volare, ma mi impegno per arrivare il prima possibile. I contanti li ho presi, la cambusa sul July è "bella piena" e non abbiamo problemi per la cena. In men che non si dica, ci scegliamo un bel posticino in mezzo agli altri e... Pluff... L'ancora morde il fondo. Si spegne il motore ed il silenzio ci avvolge subito. È incredibile quanti piccoli rumori si possano udire in questi casi: lo sfregolio dellacqua sulla carena, il tintinnio appena accennato di una sartia che tocca nel dondolio appena percettibile del July... Persino il vento ha un suono. Non il sibilo di quando è forte... Ma un suono delicato... Quasi un sussurro.

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Siamo all'ancora davanti al marina di Mesolongi.

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Alle prime luci dell'alba, come sempre quando siamo in viaggio, salpiamo l'ancora per la tappa di oggi che ci porterà a Trizonia. Naturalmente, sin da quando abbiamo lasciato la Camargue, in Francia, quasi due mesi fa, navighiamo sempre in acque "conosciute". Questo è un enorme vantaggio di cui beneficiamo appieno. Fare strategie appropriate e piccoli tatticismi opportunistici ci rende spesso la vita piacevole e priva di inconvenienti.

È ancora presto, molto prima di mezzogiorno, quando ci troviamo ad affrontare l'attraversamento del "ponte". Parliamo di Rion-AntiRion, quel ponte ultramoderno così famoso, nei pressi di Patrasso, che collega il Peloponneso al continente. Dal primo passaggio nel 2010, abbiamo attraversato il ponte molte volte... Eppure ci fa un grande effetto ancora oggi. Ciò che mi sorprende di più ogni volta che passiamo è che, nonostante siano noti ed ufficiali i dati sull'altezza delle arcate e nonostante io conosca bene l'altezza della mia formaggetta (la punta dell'albero sulla barca), non posso fare a meno di seguire con ansia il passaggio fino all'ultimo momento. Infatti, fino a quando non si vede chiaramente l'albero sotto il ponte che sfila indisturbato, un effetto ottico micidiale mi fa vedere un pericolo che non c'è.

Per dare una testimonianza certamente molto parziale di quanto dico, richiamo qui sotto il video che immortala il nostro primo passaggio.

Il video del 2010 che mostra il primo passaggio del July sotto il Ponte di Rion.

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A differenza della nostra prima volta però, per nostra fortuna, il resto del viaggio fino a Trizonia non ci "regala" le stesse emozioni. Voglio dire che quella volta si alzò un vento di poppa così violento da costringerci a cambiare rotta ed aggirare l'isola da Sud. Adesso invece avanziamo con un venticello "garbato" che ci aiuta a viaggiare veloci. Arriviamo quindi a Trizonia senza alcun problema e ci accorgiamo, per nostra fortuna, che c'è spazio libero nelle banchine, soprattutto quelle esterne, per ormeggiare serenamente.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                                                             (immagine satellitare 3)

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L'arrivo del July a Trizonia.

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La discussione a bordo dura poco: dove ci mettiamo? Decidiamo di ormeggiare all'esterno del molo di levante (come si può vedere dalla (immagine satellitare 3) qui sopra. Prevale l'idea che in questo momento ci attira di più. Vediamo di spiegarci. Siamo stati molte volte a Trizonia e sempre ci siamo fermati per alcuni giorni. Sappiamo quindi bene vantaggi e svantaggi di questo o quell'ormeggio. Starsene esternamente al molo di levante consente di fare favolosi bagni scendendo in acqua direttamente dalla barca. Inoltre, il vento prevalente viene da Nord-Ovest e, quando soffia, ci si trova dal lato favorevole della banchina.

Quando finiamo le operazioni d'ormeggio è ancora presto. Abbiamo fatto con calma tutto quel che facciamo di solito quando ci apprestiamo a passare alcuni giorni in uno stesso posto. Quindi, con la coscienza "pulita", decidiamo di scendere a fare due passi. Ce ne andremo a mangiare in quel ristorantino che conosciamo bene... Una taverna sul mare.

Trascorriamo il resto della giornata in totale relax. Abbiamo visto, tra tante barche, quella dei nostri amici Annick e Gérard. Sappiamo che lasciano la barca a svernare qui vicino, proprio in quel marina di fronte al quale abbiamo appena dormito all'ancora a Mesolongi. Così, dopo mangiato, andiamo a trovarli. È sempre una festa quando ci si rincontra per caso da qualche parte. Alla fine, dopo aver fatto due chiacchiere per ricordare i bei tempi (ci siamo conosciuti a Monastir nel 2009-2011) e dopo aver scambiato informazioni sugli amici comuni, li lasciamo avendo appena ricevuto un invito ufficiale per un "aperitivo" alla francese l'indomani alle 18.

Wow... Sapevamo che sarebbe successo.

Il motivo per il quale siamo così rilassati (anche se sappiamo di non essere ancora arrivati) è perché siamo ad una cinquantina di miglia dal Canale di Corinto: una distanza che siamo in grado di percorrere in una singola tappa giornaliera. Una volta passato il canale, saremo praticamente alla fine del viaggio. Dato che abbiamo programmato d'essere a Poros (la nostra destinazione finale...) per la fine del mese, abbiamo una decina di giorni per prendercela comoda. La storia completa è questa: il Golfo di Corinto, dove ci troviamo a navigare in questo momento, è un tratto di mare che si insinua in una spaccatura tra catene montuose che caratterizzano la zona tanto a Nord quanto a Sud. Quindi i venti, che qui sono spesso violenti, non possono che spirare lungo l'asse Est-Ovest di percorrenza per andare o venire dall'Egeo allo Ionio e viceversa. Navigare contro questi venti, talvolta è possibile. Tuttavia, è sempre prudente navigare a favore o in momenti di calma (spesso relativa). Quindi la strategia è presto fatta: abbiamo una decina di giorni per "spassarcela" facendo vacanza e tenendo sotto controllo il meteo. Quando vediamo una "finestra" che ci convince, in una giornata ci portiamo a Corinto e, la mattina dopo, passiamo il canale. Semplice!

Il secondo giorno, al mattino, tiriamo fuori le scarpe da montagna e andiamo a fare una "spedizione" nella parte interna dell'isola. Rientrati in barca a fine mattina, ci concediamo un bagno di mare e una doccia sul July. Per pranzo ce ne andiamo alla taverna greca dove siamo attesi. Ci regaliamo un pomeriggio di relax ed una festa-aperitivo a bordo del "Newlife", la barca di Annick e Gérard. Insomma... Bella vita "full time".

Il terzo giorno però, ci svegliamo con un bel cielo nero tutt'intorno a noi. Ho detto che i venti qui non possono che spirare lungo l'asse del braccio di mare che stiamo percorrendo; quello che non ho detto è che quelli prevalenti sono a favore per chi come noi transita verso Est. Questa circostanza naturalmente aumenta di molto il nostro senso di sicurezza. Abbiamo tanto tempo per passare e le probabilità di poterlo fare tranquillamente sono tutte dalla nostra parte. Comunque, siccome la prudenza non è mai troppa, visto che a prima mattina la barca davanti a noi se n'è andata, spostiamo il July in una posizione migliore e rinforziamo gli ormeggi. Ci piace avere la coscienza a posto. Così lasciamo la barca per andare a passeggiare e, nonostante i colori minacciosi che incombono dal cielo, ci sentiamo tranquilli. Questo è un posticino favoloso per noi marinai. Qui le barche sono protette con "ogni tempo". Facciamo anche oggi una bella camminata e ci rechiamo a ritirare il pane ordinato ieri: qui non esiste un panificio, c'è una signora, una vecchina che si incarica di raccogliere le ordinazioni per il pane prepagato che viene consegnato il giorno dopo.

La giornata rimane cupa, il cielo si ostina a rimanere scuro e non ci sorprende il fatto che, nel pomeriggio, cada anche qualche goccia di pioggia.

Tutto accade all'improvviso... Per fortuna siamo sulla barca quando una "bordata" di vento si abbatte su di noi e ci schiaccia contro la banchina. Non è tanto la violenza del vento che ci sorprende, alla forza degli elementi siamo abituati, è la sua direzione che ci mette in difficoltà. Questo vento viene da Sud-Est e la cosa ci sembra insolita.

...Poi, accade l'incredibile. Il vento all'improvviso, di colpo, raggiunge forza d'uragano e scopriamo che di fronte a questa furia scatenata anche una rada considerata protetta con ogni tempo diventa pericolosa. Le barche che si trovano più esposte, sono quelle che, come la nostra, sono ormeggiate lungo la banchina di levante sul lato esterno. Infatti, anche se siamo in una piccola rada chiusa da ogni lato, il vento è così forte che riesce a sollevare piccole onde di non più di mezzo metro d'altezza, ma che si abbattono sullo scafo così violentemente da farci temere il peggio.

In quei lunghi istanti si pensa di tutto: cosa possiamo fare per aiutare la barca a superare indenne questa situazione? Si prendono in considerazione anche le idee più improbabili che si affacciano alla mente.

Ma la verità è che c'è ben poco che si possa fare, soprattutto da soli. Qui, ognuno lavora per sé e per la sua barca.

Dopo alcuni minuti di violenza inaudita, il vento cala a ventidue nodi (abbiamo il "windmeter" acceso). Certo, un vento ancora molto teso, ma adesso sembra quasi che tutto sia finito... E così è in realtà. Dopo una mezzoretta, un poco di pioggia scende dal cielo senza troppa convinzione. Io sto studiando bene le previsioni meteo. Questo tempaccio sembra che durerà parecchi giorni. Nessuno si è preso la briga di spiegare ad Eolo che c'è una direzione, quella del vento prevalente, che occorre rispettare. A dispetto di tutto, durerà parecchio questo vento, sarà forte e sarà contrario... Almeno per noi.

Ci sarebbe una finestra l'indomani... Una "finestrella". Infatti, pur rimanendo contrario, il vento dovrebbe calare a dieci nodi. Margherita vuole partire; io preferirei spostare la barca all'interno delle strutture del porticciolo e rimanere qui a Trizonia ad oltranza: "chi me lo fa fare a mettere fuori il naso adesso?... Dopotutto nessuno mi paga". Ma, come spesso accade, soppesando le due realtà contrapposte, Margherita stufa ed impaziente o il mare contrario in burrasca... Scelgo di affrontare la burrasca: domattina partiremo e proveremo a spingerci fino a Kiato... Vicinissimo a Corinto.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                                                                 (immagine satellitare 4)

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Da Trizonia a Aegina... Toccando Galaxidi e Kiato e passando per il Canale di Corinto.

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Così l'indomani, all'alba come sempre, mettiamo alla frusta il July. Vorremmo riuscire ad approfittare di un calo del vento, che rimarrà contrario a lungo, per dare "una zampata" ed arrivare fino a Kiato. In cuor mio, non sono sicuro che sia una buona idea. C'è il rischio di rimanere bloccati in quel porto, piuttosto mal fatto per una barca, dove si balla giorno e notte anche quando il mare è calmo. Nei prossimi giorni potrebbe "soffiare" tanto da rendere sconsigliabile passare il canale. Potremmo dovere attendere scomodamente a Kiato la luce verde per transitare e portarci nell'Egeo.

In realtà, una volta usciti fuori dal ridosso, arranchiamo decentemente contro vento e contro mare. L'andatura ci fa prevedere un viaggio molto scomodo, ma "tutto sommato" ci sembra possibile poter insistere sul proposito di arrivare fino a Kiato. Il problema però si presenta all'altezza del faro di punta Psaromyta (a cinque miglia dalla partenza): le onde diventano un po' più alte e soprattutto più ripide tendendo a "stoppare" la barca. Ogni tanto, infatti, una di queste si abbatte sul muso del July che ci affonda dentro fino a fermarsi. Non ha senso continuare... È un'andatura penosa.

Provo allora a deviare per non prenderle proprio diritte davanti a noi. Perché la barca ne abbia un reale beneficio, devo accostare così tanto da mettermi in rotta per "Γαλαξίδι" (Galaxidi). Ci siamo già stati diverse volte. La più bella è stata "quella quando siamo andati a "Δελφοί" (Delfi)". Mi lascio sedurre dalle "rimembranze". Margherita vorrebbe andare avanti, ma ormai protesta sempre più debolmente: "magari poi cambia... Non ti sembra un po' più calmo lì in fondo?... Ma stiamo andando dove c'è più nero... Di là il cielo è più chiaro". Insomma, doppiato un isolotto pericoloso per i bassifondi che si estendono da una parte e dall'altra nel passaggio a terra (che si fa per evitare il lungo giro intorno che costituisce l'unica alternativa), arriviamo nel porticciolo di Galaxidi. Ci sono in tutto un paio di posti: ma, a noi ne basta uno. Vediamo se quì si può stare tranquilli. Il povero marinaio non ha mai pace.

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Il July arrivato a Galaxidi (nel Canale di Corinto).

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Pongo particolare attenzione (come sempre, devo dire) alla manovra di ancoraggio. Galaxidi non è un vero porto, è solamente un'insenatura così stretta che, per com'è posizionata, non sarà mai assalita da vere onde. Tuttavia, appena ieri abbiamo visto bene come anche piccole onde, sospinte però da questi venti violenti, possano creare problemi. Stendo un lungo calumo (lunghezza di catena) ed infine porto la poppa del July a terra (foto sopra). Il posto che abbiamo scelto è a ridosso dell'unico tratto di molo parzialmente protetto da una banchina che fuoriesce di una ventina di metri, creata solo per offrire una maggiore profondità ai traghetti. Qui staremo meglio di molti altri... Ma, in ogni caso, si tratta di un ormeggio protetto solo parzialmente e quindi è importante potersi fidare dell'ancora. Qualsiasi cosa accada, magari di notte mentre dormiamo, dobbiamo poter contare sulla nostra linea d'ancoraggio. 

Galaxidi è un gioiellino e, anche se abbiamo deciso solo come ripiego di venire qui, è proprio "un bel ripiego". Le previsioni del tempo non migliorano. Per i prossimi tre giorni avremo venti forti da Nord-Est... Caspita!... Andiamo bene.

Fino ad ieri, erano previsti venti da Est... Per noi fa la differenza. Nel portolano, questa baia viene definita sicura e discretamente protetta tranne che per venti forti da Nord-Est... Non ho parole.

Comunque, siamo in tanti ad essere rifugiati quì ed abbiamo un posticino migliore di molti altri. Come faranno loro faremo noi: non ci crucciamo per questo. La prima sera a Galaxidi, ceniamo a bordo; poi ci concediamo lunghe passeggiate in pineta. Penso proprio che la prenderemo con filosofia.

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Il July a Galaxidi, in questa foto in notturna, si trova in fondo a sinistra tra le barche a vela.

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La foto sopra mostra lo specchio d'acqua che noi chiamiamo porto. Non serve un occhio esperto per vedere che c'è una certa risacca. Le barche a vela, se si pone attenzione, si trovano in fondo, tutte ammucchiate dietro quella sporgenza, quella banchina traghetti, che offre l'unica protezione di cui disponiamo.

Rimaniamo a Galaxidi quattro giorni e quattro notti in attesa che il tempo migliori. Forti raffiche, ogni tanto, si abbattono su tutti noi, rifugiati, gli uni accatastati sugli altri, in un angolino. Come previsto, il maltempo ci viene addosso dalla direzione dove si trova la cittadina di Itéa (che conosciamo da quella volta, nel 2010, che visitammo le rovine di Delfi). Nuvoloni scuri, a volte quasi neri, incombono da quella parte notte e giorno persino in quei momenti, non pochi, nei quali noi abbiamo il sole.

Un video a Galaxidi mostra quanto il tempo sia instabile.

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Ma tutto finisce... Ed anche il cattivo tempo finalmente "molla".

Il 28 agosto, all'alba come piace a noi, il July molla gli ormeggi, salpa l'ancora e si avvia verso la cittadella di Kiato. Il programma è semplice: passeremo lì la notte in modo da poter partire, alle sei del mattino dell'indomani, in direzione del canale che vorremmo attraversare alle nove.

Nei quattro giorni trascorsi a Galaxidi, come si può immaginare, ho passato molto tempo a studiare l'evoluzione di questa perturbazione per poter cogliere il momento giusto per partire. Forse sarebbe anche stato possibile salpare un giorno prima, ma, in compenso, oggi il mare è così bello che facciamo il viaggio in totale relax. Una finestra di bel tempo che non promette di durare a lungo... Ma a noi basta che ci consenta di attraversare il canale senza stress l'indomani.

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Il July, a Kiato, si prepara per la nanna ( a sole 10 miglia dall'ingresso del Canale di Corinto ). 

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La sosta a Kiato è proprio una sosta tecnica. Conosciamo già questo scalo... E lo conosciamo bene. Ci siamo fermati qui diversi giorni in uscita dal canale nel viaggio che ci ha portato da Leros (un'isoletta greca di fronte alla Turchia) a Torrevieja (in Spagna). All'epoca, questa sosta ci è servita come base di partenza per le gite nell'entroterra (il sito archeologico dell'Antica Corinto, il Castello di Acrocorinto, la gita per vedere i resti di Micene, etc. - click).

Questa volta ci siamo ormeggiati di fianco sulla banchina esterna pronti a salpare l'indomani mattina alle sei. Vogliamo trovarci di fronte all'ingresso del canale alle nove in modo da passare con il primo transito della giornata. Ma esiste un secondo motivo per il quale vogliamo passare il prima possibile. Da queste parti, anche quando tutto è tranquillo, in genere a metà mattinata si alza il vento. Dato che raramente si tratta di un venticello leggero, non vorremmo trovarcelo a complicare le manovre... Faremo di tutto per passare prima.

Quindi, ben riposati, come stabilito, la mattina seguente salpiamo per cominciare l'avventura.

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Il July, uscito dal porticciolo di Kiato, si dirige alla volta del Canale di Corinto.

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Il mare è buono (foto sopra) ed un leggero venticello, residuo delle ore notturne, ci aiuta a mantenere una buona velocità. Così, navighiamo guardandoci in giro per vedere quante barche attraverseranno il canale insieme a noi. Inizialmente, sembra proprio che saremo soli, ma mano a mano che ci avviciniamo all'ingresso qualche imbarcazione pare emergere dal nulla e materializzarsi alla vista: sembra proprio che siano tutte dietro di noi.

Infatti, quando finalmente siamo a pochi metri dall'ingresso, facciamo il punto: alle nostre spalle ne vediamo in tutto quattro e dovrebbero raggiungerci tutte in poco tempo. Metto la barca "in panne" (intendo senza vele e col motore in folle); vedo che abbiamo una corrente che porta in costa... Ma non troppo velocemente. Ho tutto il tempo per scendere sottocoperta e chiamare via radio. Siamo in perfetto orario rispetto ai nostri piani: chiamiamo alle nove in punto. Dalla torre ci chiedono di rimanere in "stand-by" (restare "in ascolto" sul posto) in attesa di una successiva chiamata per istruzioni. Intanto, cominciamo a sentire anche gli altri che, mano a mano che si avvicinano, chiamano via radio a loro volta. Così, ci "radunano" tutti in una "piccola flotta" che attraverserà il canale in fila indiana. Sarà la torre a dettare l'ordine di ingresso e questo rispecchierà l'ordine di arrivo. Finalmente, ci chiamano... Tocca a noi entrare per primi.

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Album fotografico   - click -   "Canale di Corinto"     - istruzioni -

Quando si viaggia verso Est, come facciamo noi quest'anno, l'attraversamento del canale si paga all'uscita. Bisogna accostare alla banchina che troviamo sulla destra, ormeggiare e sbarcare, insieme ai documenti necessari, per andare in ufficio a sbrigare le pratiche. Questa volta, essere i primi della fila ci fa gioco. Infatti, ormeggiamo al volo e, mentre Margherita rimane a bordo a controllare, io mi "fiondo" in ufficio, pago e rientro a bordo: sono così veloce che, mentre rientro in barca, incontro quelli che mi seguono...

Bene!... È fatta!... Siamo nell'Egeo.

Mentre stiamo uscendo dal ridosso artificiale che protegge l'uscita, facciamo in tempo a notare un paio di barche che hanno dovuto dare ancora appena fuori. Uno di loro ha già preso il gommone per accostare a terra. Purtroppo non ci sono molti posti in banchina e, come già sappiamo, arrivare troppo tardi può diventare un problema.

Dirigo a vista verso il largo mentre calcolo, ancora una volta, la rotta migliore da fare. Quella preimpostata alla partenza, questa mattina, ci porterebbe a Poros, ma abbhiamo appena deciso di andare all'isola di Aegina (si pronuncia Èghina) che ci attira moltissimo. Una volta arrivati, il viaggio sarà comunque finito perché saremo ad un paio d'ore di navigazione dalla nostra meta ufficiale.

Si alza un bel vento, per fortuna lo abbiamo in poppa e ci spinge.

Dopo una ventina di minuti, il vento rinforza molto. Il July viaggia veloce a passo di carica in una rotta che ci fa rasentare alcuni isolotti del Golfo del Saronico. Noi, felicissimi, abbiamo messo la barca alla frusta e viaggiamo con piacere... Ma vediamo alcune barche che vorrebbero risalire in direzione opposta verso Corinto che interrompono la loro navigazione e dirigono verso un riparo... È la vita del marinaio! Non c'è che dire... A favore di vento tutto diventa semplice, ma andare contro...

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