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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

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Fine

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Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

Da Monastir a Pantelleria

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Tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio del 2011 eravamo in Tailandia. Quel giorno ci trovavamo in barca, partiti da Phuket, per una gita fino a James Bond Island (foto sotto). Erano in gita con noi una coppia di sposini in viaggio di nozze che venivano da San Francisco (USA).

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Foto dai nostri itinerari

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Gioco di immagini a James Bond Island, non troppo lontano da Puket (Tailandia).

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Si rideva e si scherzava in occasione del pranzo che veniva servito a bordo della barca che se ne stava pigramente alla fonda in una delle tante baie di quei paraggi. Così, parlando del più e del meno, il discorso è caduto sul fatto che avevamo, ormai dal 2009, deciso di vivere in barca. Evidentemente l'argomento li affascinava; non smettevano di fare domande. Quando, ad un certo punto, lui mi ha chiesto dove tenessimo al momento la barca. "A Monastir" - ho risposto - "In Tunisia". C'è stato un lungo momento di silenzio... E, guardandomi attonito mi ha detto: "Mah, c'è la rivoluzione in Tunisia !" -  Questa volta toccava a me fare la faccia "strana": " La rivoluzione ? Ma che dici... Tutto il paese è ordinato e non si muove una foglia". - "Te lo assicuro" - mi ha ribadito - "Tutto il mondo segue gli eventi sulla CNN".  Così, appena rientrati in albergo, ho subito acceso il televisore. "Cavolo!..." ...Aveva proprio ragione.   La rivoluzione in Tunisia era l'argomento fisso su tutti i canali "All News". Devo dire che, dopo un primo momento di sgomento, con Margherita abbiamo preso la cosa decisamente con filosofia. Le scene in televisione erano molto esplicite. La folla inferocita "dilagava" dappertutto. Le frontiere erano chiuse ed era chiaro che avremmo potuto perdere la nostra amata barca. Ma di fronte a tanta violenza, abbiamo concluso entrambi... : "Meglio la barca che noi. Facciamoci le nostre vacanze serenamente; al nostro ritorno in Italia vedremo"...E così abbiamo fatto. Poi, alla fine di febbraio, quando ormai era ora di ritornare a "casa" (sulla nostra barca), abbiamo preso contatto con alcuni amici che, nel frattempo, erano rimasti a Monastir. "Non ci sono problemi"- ci hanno detto - "E' tutto tranquillo... Potete venire senza timore". All'epoca, eravamo in stretto contatto con gli amici Tazio e Anna  (- click - ) che sono svizzeri e vivono non lontano da Bellinzona. Abbiamo organizzato di fare il viaggio insieme (... il numero fa la forza). Appuntamento alla stazione centrale di Milano (loro venivano da casa ed erano partiti molto presto al mattino), treno per Nizza e poi autobus dalla stazione all'aereoporto. Qui, avremmo trovato l'aereo della TunisAir, l'unico che faceva quella rotta. Avevamo dovuto andare in Francia per partire... I collegamenti dall'Italia erano interrotti. Eravamo in cinque: due coppie e la loro cagnetta "Asia". In effetti non eravamo troppo preoccupati; la situazione non era del tutto tranquilla, ma non ci sembrava il caso di attendere oltre per raggiungere le nostre barche. Così, siamo arrivati in aereoporto in orario e ci siamo presentati al check-in di TunisAir (avevamo tutti, cagnetta compresa, i biglietti fatti via computer). Ahimé, a questo punto è cambiata la "musica". Mentre sentivo Tazio che discuteva nel banco a fianco al nostro perché gli contestavano il fatto che Asia fosse fuori peso (...era ingrassata?), a me dicevano che purtroppo, per quanto riguardava noi, non avrebbero potuto consentire l'imbarco. Motivo: l'autorità tunisina che, dopo aver riaperto le frontiere, aveva comunque imposto restrizioni, aveva stabilito che per poter andare in Tunisia i passeggeri dovevano partire con il biglietto di ritorno già fatto. Noi avevamo un biglietto di sola andata e, pertanto, non avrebbero potuto imbarcarci. Mi sono trovato in una di quelle occasioni in cui la padronanza della lingua è un aiuto fondamentale per fare qualche tentativo. La loro posizione appariva rigida e senza alternative. "Se volete partire" - ci hanno detto - "E sufficiente che facciate adesso il biglietto di rientro". Ora, a parte tutto il resto, questo sarebbe costato una fortuna perché la TunisAir avrebbe applicato le tariffe ufficiali che sono alcune volte (non poche) i prezzi praticati normalmente col metodo degli sconti e delle promozioni continue. Ho preteso allora ed ottenuto (...non subito) di parlare con il direttore. Tazio ed Anna intanto, anche se con le tasche più leggere, avevano quasi risolto. Tazio era intento a pagare (cosa non semplicissima visto da quanto tempo era fermo in un banco in fondo alla sala). Io, alla fine, mi sono trovato il direttore davanti.

Contact

 

ilviaggiodeljulymail@gmail.com

Elaborazione di un'immagine di Google Street View

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Con la rivoluzione in corso in Tunisia, l'unico collegamento aereo era dall'aeroporto di Nizza.

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Non che mi aspettassi qualcosa di diverso, ma costui si è presentato “a muso duro” come se io fossi un contestatore: “Le regole sono queste”- mi diceva – “Io non posso fare altro che applicarle… Se vuole partire deve acquistare immediatamente il biglietto di ritorno”. Ho dovuto usare tutta la mia pazienza e tutta la mia determinazione per impostare la discussione in modo tale da avere almeno qualche "chance". Ho spiegato che, avendo lasciato la barca in Tunisia, ora si stava andando proprio a prenderla per portarla via. Il viaggio di ritorno quindi era già nell'ordine delle cose... Solo che non sarebbe avvenuto in aereo. La cosa è stata lunga e faticosa... Con diversi passaggi intermedi (voleva una copia del contratto col marina... Che noi naturalmente non avevamo al momento). Comunque alla fine ci hanno fatto partire (ho dovuto compilare in francese e sottoscrivere una mia dichiarazione che descriveva quanto sostenevo). Tazio invece, aveva avuto solo il problema del peso di Asia; lui aveva la residenza in Tunisia. Siamo atterrati alle nove di sera... Era già buio. Abbiamo trovato i taxi che pretendevano cifre impossibili. Abbiamo lasciato che la gente defluisse, poi, abbiamo chiesto a qualcuno dei tassisti rimasti a bocca asciutta se volesse portarci a prezzi normali: detto-fatto. Ci ha portato fin dentro al marina. Che bel ritorno ! Lo ricordiamo ancora con grande gioia. Avevamo ad attenderci gli amici Fabio e Sabrina che avevano preparato una bella cenetta d'accoglienza... Ed è stata una festa: Fabio, Sabrina, Tazio, Anna, Io e Margherita in dinette su "Viacolvento" con tutte le luci accese a festeggiare il ritorno. Eravamo rientrati in barca... Una nuova stagione stava per avere inizio.

Arrivati a Monastir, un po' preoccupati per il July, abbiamo invece trovato tutto a posto.

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La mattina dopo, con la luce del giorno, abbiamo potuto constatare con grande sollievo che il July ci aveva atteso al suo posto senza subire “maltrattamenti”. Anche all'interno (vedi video sopra) la barca era pulita come quando l'avevamo lasciata. Siamo rimasti a Monastir dal 28 di febbraio, giorno del nostro arrivo, fino al giorno della partenza il 6 maggio. E' stato un periodo particolarmente bello. Ormai sapevamo come muoverci e, qualsiasi cosa facessimo, tutto sembrava semplice. Inoltre l'inizio di stagione è il periodo più bello dell'anno... Un periodo pieno di speranze e di promesse.

La vita nel marina in una delle tante giornate passate a Monastir  prima di partire.

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I segni della rivoluzione, che erano ancora ben visibili al nostro arrivo, dopo un mese si erano fortemente ridotti. Inizialmente si vedevano molti negozi chiusi, soprattutto quelli dedicati ai turisti. Poi, poco a poco, questi avevano cominciato a riaprire i battenti. Il supermercato a noi più caro, quello più grande e più fornito, durante la rivoluzione era stato saccheggiato e dato alle fiamme. Inizialmente era chiuso per lavori, poi, una volta riaperto, la vita intorno aveva ripreso un tran-tran dalle parvenze normali. Certo, turisti non se ne vedevano. L'enorme "macchina turistica" che la Tunisia aveva costruito con tanto sacrificio in qualche decennio, sembrava destinata a morire. Una gran massa di persone e di famiglie rischiavano la disoccupazione... Ma di tutto questo, andando in giro per le strade, non c'era ancora evidenza. Abbiamo passato quel periodo in mezzo a tanti amici. Erano tanti gli equipaggi che svernavano (del tutto o parzialmente) a bordo ed il marina era pieno di gente. Abbiamo messo in secca il July in cantiere, fatto i lavori ed infine, il 6 di maggio, era venuto il momento di partire.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                 (immagine satellitare 1)

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Rotta seguita dal July, dopo la partenza da Monastir, fino a Pantelleria dove siamo arivati a vela. 

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Prima destinazione: Pantelleria… In Italia. Una traversata di ottantaquattro miglia da fare come prima uscita della stagione. Personalmente, non mi piace avventurarmi in mare aperto alla prima uscita. Anche se il July era stato messo in secca e controllato pezzo per pezzo... Solo chi va per mare può capire come, con barche destinate alla navigazione d'altura, "fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio". Ma la situazione in Tunisia non lasciava alternative. Si doveva partire con una rotta che portasse direttamente ed il prima possibile in acque internazionali. L'anno prima, risalendo la costa verso Keilibia, prima di dirigere su Pantelleria, eravamo stati fermati due volte dalla Guardia Costiera tunisina (tutt'e due le tappe che avevamo fatto in Tunisia). Se questo fatto facesse fede, seguendo la costa, potremmo dire che potevamo stimare d'avere il 100% di probabilità d'essere intercettati. Con la corruzione dilagante e l'assenza di una vera catena di comando stabile e funzionante, non era il caso di venirsi a trovare nelle mani di gente armata in divisa. Così, il giorno prima di partire, mi sono recato presso gli uffici della polizia (sono all'interno del marina) a chiedere cosa potessi fare per avere il permesso di lasciare il porto alle sei del giorno seguente. L'idea era quella di consentire loro di dilungarsi (come facevano sempre) a piacimento sulle pratiche da espletare, ma farlo in anticipo in modo da consentirmi di evitare qualsiasi intoppo. Niente da fare. Non era possibile. "Venga in ufficio mezz'ora prima della partenza" - mi ha detto il comandante - "Vedrà che non ci saranno problemi". In effetti, l'indomani, alle 6h:30', abbiamo preso il mare. Un piccolo ritardo... Niente di cui lamentarsi. Se tutto fosse andato bene, intorno alle nove di sera saremmo sbarcati a Pantelleria.

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Appena fuori, messo in assetto il July, abbiamo subito preso un buon passo. Il vento era sui dieci nodi e si andava a motore con il fiocco a riva che portava. Il mare mostrava un’onda regolare non aggressiva, ma ci aspettavamo che il vento rinfrescasse durante la traversata. Le previsioni erano dai sedici ai venti nodi da scirocco. Io, potendo, cerco di navigare con il bel tempo. La barca era stata tenuta "pronta a salpare" sin dai primi giorni di aprile. Ma le burrasche si susseguivano una dopo l'altra abbattendosi su Cap Bon per poi dirigere su Pantelleria. Così, alla fine, ci siamo accontentati di partire con previsioni accettabili... ma non ottime. Non nascondo il fatto che inizialmente non mi sentissi tranquillo. Per le ragioni che ho detto, rimanevo attento e concentrato controllando e ricontrollando continuamente ogni cosa. Però, dopo qualche ora, il bel passo della nostra barca su un mare che nel frattempo, pur se aumentato, si era fatto più regolare, avevano instillato in me la solita fiducia: il July era in forma smagliante. Poi, all'improvviso, un sordo rumore a me noto ha messo tutti a bordo in "allarme rosso": avevamo preso qualcosa nell'elica. Messa la barca alla cappa secca, ho provato e riprovato a muovere l'elica a marcia avanti ed indietro nel tentativo di liberarla da quel che ci si era impigliato. Niente da fare. A marcia avanti l'elica girava pianissimo facendo una grande fatica: la barca non avanzava e, sicuramente, avremmo avuto più gravi rotture se avessimo usato il motore. Così, ho preso la decisione di spegnerlo e mettere alla vela. La randa, come abbiamo visto, fino a quel momento aveva riposato tranquilla ben serrata sul boma. Adesso era il momento di farla lavorare. Imperativo: riprendere al più presto la navigazione verso Pantelleria. Una volta sul posto, davanti al porto, avrei pensato al da farsi. Con la barca che oscillava violentemente di fianco, ho dovuto lavorare per una ventina di minuti aggrappato ora al boma ora all'albero. Solo togliere il copri-randa (la protezione della vela fatta con tela anti UVA) si era rivelato un'impresa. Ma alla fine, il July ha ripreso la sua corsa. Dico corsa perché il vento era ormai stabile a diciotto nodi, io avevo a riva la randa con una mano di terzaroli e tutto il genoa aperto. L'inclinazione in effetti era accentuata, ma in compenso la barca avanzava con una stabilità eccellente ed ad una velocità decisamente maggiore: oltre i sette nodi. Alle sei di sera, ancora giorno, eravamo già in vista di Pantelleria. Avevo elaborato una strategia semplice che mi lasciava sereno nonostante l'avaria. Una volta giunti di fronte al porto di Pantelleria, avrei cercato di entrare alla vela. Nel caso la cosa si fosse rivelata impossibile, avrei ripreso il mare con destinazione Sciacca (sulla costa siciliana). Conoscevo il porto di Sciacca. Ci saremmo arrivati l'indomani mattina e con la luce del giorno e gli enormi spazi di manovra che offre quel porto, non avremmo avuto problemi a sbarcare.

Alle dieci di notte, alla fine, siamo arrivati davanti all'ingresso del porto a Pantelleria. L'isola si frapponeva fra noi ed il vento e, nell'ultima mezzora, la velocità ne aveva risentito. Questo si abbatteva a raffiche sul porto soffiando proprio dall'interno verso l'esterno. Un banco di rocce (ben noto) orla la costa a sinistra entrando e si estende molto verso il centro dell'ingresso. Non era proprio il caso di prendere in considerazione una manovra alla vela. Ero psicologicamente pronto a riprendere la navigazione. Tuttavia, ho riacceso il motore per provare ancora una volta. Mi sono accorto allora che, mentre a marcia avanti la barca rimaneva quasi ferma, a marcia indietro andava un po' meglio. Bastava prendere pochi giri, senza sforzare, che la barca, dopo un po', si metteva in moto. Così siamo entrati in piena notte di poppa a Pantelleria. Non potendo fare manovra, dovevo sperare di trovare un posto libero in banchina per affiancarmi nel modo più semplice possibile. Appena girato l'angolo che mi impediva di vedere, la vista che mi si presentava era sconfortante: tutto il porto era pieno. I francesi dicono: " à la guerre comme à la guerre". Ci saremmo affiancati ad una barca a vela nel posto dove ero sicuro che vi fosse fondo a sufficienza (c'eravamo già stati).

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                 (immagine satellitare 2)

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Rotta seguita dal July dopo l'arrivo alla vela a Pantelleria per rifugiarsi nel porto.

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Potevamo muovere solo all’indietro. Non avremmo potuto invertire la marcia per fermarci. La manovra andava fatta calcolando l’abbrivio (movimento per inerzia): avrebbe dovuto “spegnersi” con precisione a pochi centimetri dalla barca che volevamo affiancare. “Fuori i parabordi”. Il July procedeva lentamente nella notte. Il vento, a raffiche, non ci consentiva di prevedere in anticipo la sua spinta (...) che questa volta non era gradita. Ultimi istanti di "suspance"... Cime d'attracco pronte... Ci siamo affiancati in modo impeccabile. Uff ! (...) Andata! Accostati. Io e Margherita siamo immediatamente saliti sulla barca che, ignara di tutto, stava per "decidere" di ospitarci in qualità di nuovi vicini. Saranno passati al massimo due secondi prima che scoprissimo che la barca era occupata. Evidentemente, per quanto facessimo di tutto per muoverci facendo poco rumore, chi si trovava all'interno, avrà pensato d'essere assalito in piena notte da una mandria di bufali. "Ehi... Mais qui baise...  à cette heure de la nuit"? (traduzione volutamente omessa) - si era messo a gridare, mentre rapidamente saliva in coperta, un omone francese che aveva le movenze di Obelix. « Excusez moi monsieur... » - mi sono affrettato a dire -  « Mais, je n'ai pas eu aucune possibilité de faire quelque chose de différent. Je suis en panne de moteur, l'hélice, je pense, elle a pris un filet de pêche et maintenant ça ne marche plus ».       Quasi subito, devo dire, l'atmosfera è cambiata radicalmente. Il tempo di svegliarsi e di capire e anche lui dava una mano a mettere in sicurezza il July. Un buon ormeggio sarebbe stato garanzia di sonni tranquilli per tutti anche nel caso che il vento avesse deciso di rinforzare ancora. Così, messo tutto a posto in pochi minuti, ci siamo dati la buonanotte... Non prima di aver preso accordi per l'indomani mattina. Avremmo collaborato per consentirgli di "sfilarsi" e partire. Noi invece saremmo rimasti al suo posto. E così è stato.

Infatti l'indomani il nostro vicino è partito e noi ci siamo ritrovati ben ormeggiati all'inglese (di fianco) direttamente in banchina. Come prima cosa, ho tirato fuori maschera e pinne per andare a liberare l'elica. Abbiamo atteso fino a mezzogiorno per aspettare che il sole fosse al suo "massimo splendore" e pluff... Mi sono buttato. Non avrei avuto il coraggio di bagnarmi poco a poco. Mi sono semplicemente gettato in acqua. Mai avrei sospettato che mi potesse accadere quel che è accaduto. In passato ho sempre fatto così per fare il primo bagno della stagione. Ma questa volta l'acqua era gelida e mi sono sentito subito strano (...), in pericolo (...), il pericolo che mi succedesse qualcosa in acqua. Mi sentivo mancare le forze. La voglia sarebbe stata quella di venire fuori "a schizzo" dall'acqua, ma la realtà era che mi muovevo lentamente. E così, lentamente ma senza danno sono uscito all'asciutto. Mi sono frizionato a lungo e tutto è passato. Per la prima volta in vita mia ho deciso di mandare un sommozzatore per un lavoretto così semplice... Abbiamo acceso l'ecoscandaglio che ci da anche la temperatura dell'acqua: erano 13°C.

Siamo rimasti alcuni giorni a Pantelleria ( ... che conoscevamo già dall'anno prima ). E' stata una bella sosta. Soprattutto è un posto dove si mangia bene e si mangia italiano (ravioli alla pantesca, arancine, pollo allle erbe, cassata e cannoli... Non ci siamo fatti mancare niente. Ricorderemo sempre con grande nostalgia quest'isola "italianissima" abbandonata ad un tiro di schioppo dall'Africa.

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