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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

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Fine

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Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

Il Kikka va a Sestri Ponente

Navigation

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Primavera 1986: sono riuscito ad avere un posticino per il Kikka a Genova–Sestri Ponente in un cantiere adiacente alla Lega Navale alla quale in famiglia siamo tutti iscritti. Ho proprio cercato in ogni modo di trovar posto alla Lega, ma è stato impossibile. La soluzione che ho trovato comunque è almeno "qualcosa a metà strada"... Voglio dire che la barca avrà il suo ormeggio a poche decine di metri di distanza e noi, essendo iscritti, potremo frequentarla esattamente come se avessimo il posto al suo interno (...o quasi). Per noi si tratta di una buona soluzione: abbiamo amici alla Lega e Marco, nostro figlio, è iscritto al primo corso di vela. L'unica cosa che manca, a questo punto, è la barca che, rientrata dalle Eolie, è rimasta ferma per sei mesi e oltre a Fiumara Grande (Roma).

Decido di organizzare il trasferimento per il 25 Aprile: approfitto del fatto che cade di venerdì in modo da avere a disposizione, nel fine settimana, ben tre giorni liberi dal lavoro. Mi sono procurato un motore di seconda mano quasi nuovo: è un  Evinrude da 6 CV e, dalle informazioni che ho preso, dovrebbe essere proprio quello che ci vuole. In confronto con il modo di navigare sperimentato l'estate scorsa andando a vela alle Eolie, quest'anno sarà una pacchia.

Contatto Andrea (il precedente proprietario) con il quale siamo ormai diventati amici e gli prospetto la possibilità di fare il viaggio insieme. Accetta con grande entusiasmo: gli manca il Kikka e questa sarà un'occasione per rivederlo e navigarci ancora. Andrea è un marinaio e con lui posso condividere il piacere di questa traversata.

Nella settimana che precede la partenza, approfitto di un viaggio di lavoro per trasportare in auto il fuoribordo e per dare una "controllata" generale. Il fatto che si tratti di una piccola imbarcazione (m 7,06 -  nessun impianto da controllare... Niente motore entrobordo) rende tutto molto più facile.

Quindi, arrivato il gran giorno, prendo l'aereo che mi "scarica" all'aeroporto di Fiumicino e da qui con un taxi arrivo in un attimo a bordo dove passo la notte. Andrea si imbarcherà l'indomani mattina alle sette, poco prima dell'ora di partenza. È tutto pronto: nel corso della preparazione al viaggio, nei giorni precedenti, non ho tralasciato neanche di fare cambusa.

Notte tranquilla e serena anche se sento l'eccitazione del momento. Il mio amico non si fa attendere e quando arriva, alle sette, ha con se solo "la sacca del marinaio" che butta in un angolo della dinette dicendo: "possiamo partire". Io insisto per prenderci un caffè prima di salpare: a quest'ora fa ancora "freschino" ed una bevanda calda fra le mani è un gran piacere che ci possiamo concedere.

Caspita!... Già nel tragitto che porta fuori in mare (2 miglia nel Tevere) si sente quanta differenza faccia il nuovo motore. Con il Seagull che avevo l'anno scorso, era una pena.  Adesso, tra la velocità sull'acqua e la corrente a favore, vedo le rive scorrere veloci ed in un attimo arriviamo alla foce.

Pure per quanto riguarda la navigazione c'è qualche differenza: anche se, andando a vela, l'elica un po' ci frena, decido di lasciare il motore al suo posto evitando di toglierlo dall'acqua. Questo significa che per issare le vele mi basta solo portare la prora contro vento; solo dopo lo spengo, quando sono già a segno e portano. Nella passata stagione, per rimuovere il motore e metterlo nel pulpito di poppa dovevo perdere un sacco di tempo.

Il risultato è che velocemente e senza fatica ci troviamo in viaggio: rotta Nord-Ovest per risalire la costa verso il Nord Italia.

Il vento è decisamente buono ed il mare è calmo. Discutendo della cosa con Andrea, già nei giorni precedenti, abbiamo convenuto che saremmo partiti indipendentemente dal meteo (salvo condizioni proibitive naturalmente...). Il Kikka naviga veloce nelle prime fasi di un viaggio decisamente lungo per una barca così piccola: pensiamo di andare fino a Genova in una sola tappa (circa 220 miglia). La cosa bella è che tutto sembra facile e normale: avrei fatto questo viaggio anche da solo, ma avere Andrea a bordo mi pone in una situazione di rilassata tranquillità. Passare due o tre notti consecutive non in solitario ma con un secondo skipper con il quale fare dei turni al comando cambia totalmente la prospettiva di un viaggio simile.

Il vento "si comporta bene" e, poco dopo le 14h:00', scapoliamo Capo Linaro vicino alla famosa località di Santa Marinella. Dopo poco però, di fronte a Civitavecchia, il vento diminuisce e rimaniamo davanti alla ciminiera di Torvaldaliga per un'eternità (questa ciminiera è così alta che la si vede da molto lontano di conseguenza quel tratto di mare sembra che non passi mai).

Foto dai nostri itinerari

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Elaborazione di immagine Google Maps

(immagine satelltare 1)

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Una vista 3D del tratto di mare davanti a Civitavecchia.

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Certo, adesso che abbiamo un motore da 6 CV potremmo anche continuare il viaggio utilizzandolo come si fa nelle “barche grandi”... Ma non sappiamo quanto possa durare questa calma ed i consumi di un fuoribordo non sono compatibili con le lunghe tappe.

Comunque, a mali estremi estremi rimedi... Io ho un metodo segreto per fare arrivare il vento: “Andrea che ne dici se facciamo un festino” - suggerisco - “facciamo festa mangiando e bevendo e vedrai che Eolo ci manderà presto addosso tutta la sua rabbia. L'ho fatto l'anno scorso in vista di Salina, davanti a casa sua... Ha funzionato.”

Devo dire che Andrea, che mi tiene testa come marinaio, non mi è secondo neanche nei festini... Tiriamo fuori di tutto per imbandire la tavola e non rinunciamo a nulla: apriamo la festa all'italiana con una spaghettata fumante che anche da sola riesce a mettere allegria.

Le mie doti "divinatorie" funzionano ancora una volta: Andrea non ci può credere... Nel bel mezzo della festa si alza un vento teso da Scirocco che non promette niente di buono... Ma, visto che siamo diretti verso il Nord, per noi è una benedizione. Entrambi decidiamo comunque di prendercela comoda e, quando dopo l'ultimo brindisi tiriamo fuori la testa, ci accorgiamo che è proprio ora di fare qualcosa. Il mio amico esce in pozzetto per mettere la barca alla frusta: ne abbiamo di miglia da fare. Nel frattempo io mi fermo qualche minuto per "rassettare" e preparare l'interno per reggere una burrasca.

Wow!... Quando esco mi accorgo della velocità. Le onde ci arrivano al giardinetto ma non ci disturbano. Il cielo è gonfio di nuvole e la notte non è lontana... Noi puntiamo a passare tra l'Argentario ed il Giglio che sappiamo di avere in prora (anche se ancora vediamo solo mare). Mentre Andrea governa la barca io mi prendo la briga di fare i controlli di rotta... Mancano una ventina di miglia al canale... Ma, a questa velocità (facciamo quasi cinque nodi) ci arriveremo poco dopo le undici.

La notte è sempre più vicina... Io metto la cerata e vado a dare il cambio ad Andrea perché possa fare altrettanto... A bordo il morale è alto e siamo soprattutto contenti del fatto che navigando con vento e mare che ci arrivano quasi da poppa non abbiamo spruzzi a bordo.

Rimango al timone per la prima parte della notte. L'abbondante "libagione" per propiziare il vento ci consente di non dover neanche pensare alla cena e il tempo trascorre veloce a bordo... Come veloce fila lo scafo trascinato da vento e mare che ci spingono. Nella notte brillerebbe la luna se non ci fossero tutte queste nuvole spesse e cariche di pioggia (...che però, finora, si limitano alla minaccia). Le luci della costa appaiono poche e lontane: più un vago chiarore del cielo concentrato in alcuni punti verso Est che vere e proprie luci... Almeno fino a quando non entriamo in vista di un faro. L'effetto che la vista di un faro produce su un marinaio è difficile da spiegare. Per prima cosa mi preoccupo di rilevarlo prendendo nota della lettura dell'apposita bussola e del periodo che, in questo caso, è di 5 sec. Una rapida occhiata sulla carta conferma che siamo in vista della costa Sud dell'isola di Giannutri... Naturalmente non vediamo un bel niente... Ma sappiamo che il faro è ben piantato su quell'isola e da questo momento la sua luce ci accompagnerà per un bel pezzo.

Andrea si dimostra un compagno piacevole col quale "fare tardi" chiacchierando degli argomenti più disparati... Anzi, come spesso fanno i marinai, ci ritroviamo a scambiarci confidenze in una notte tempestosa, bardati come "marziani" e con la pioggia che adesso ogni tanto viene a farci visita dal cielo senza però esagerare mai.

E viene il momento di vedere il faro di Giannutri sparire dietro l'isola mentre a sinistra della prora compare quello del Giglio. Il canale ormai si trova dritto davanti a noi. Peccato per la luna che rimane dietro le nuvole. Riusciamo appena a percepirne la presenza vedendo un tenue velato chiarore dietro alla spessa coltre di cumuli... Ma non basta a rischiarare la notte. Andrea ha già navigato da queste parti... Per me invece è la prima volta.

Il mare ed il vento si intensificano mano a mano che ci addentriamo tra il Giglio e l'Argentario, ma senza conseguenze sulla stabilità di rotta del nostro Supermistral che, ancora una volta, ha l'occasione per fare sfoggio delle sue doti migliori. Mi accorgo con curiosità che adesso le chiacchiere si sono interrotte... Entrambi siamo immersi, ciascuno per proprio conto, in uno stato di "fusione" con la natura che ci circonda... Non è una cosa che si possa descrivere a parole... Ci si guarda intorno e qualcosa si vede... Ma quel che non si vede appare ugualmente nella mente come risultato frutto della conoscenza, dell'uso delle carte, dello stato del mare e quant'altro concorra a comporre un'unica "visione" che si percepisce dentro...

Così passiamo, in questo stato assorto, questo tratto di mare così particolare fino ad uscirne in navigazione verso Nord ben sapendo di avere adesso acqua libera fino all'Elba.

Il primo a riprendere la conversazione è Andrea: "mettiamo in rotta per passare tra l'isolotto di Cerboli e l'isola di Palmarola nel Canale di Piombino" - mi dice - "Così facendo lasceremo a destra le Formiche di grosseto... Sono un ostacolo pericoloso da evitare con cura perché ci passeremo ad un paio di miglia di distanza e due miglia non sono molte in una notte tempestosa con scrosci di pioggia che potrebbero diventare così intensi da ridurre drasticamente la visibilità tutt'intorno a noi."

Capisco il messaggio e gli cedo il timone per scendere in dinette a consultare le carte. In questa piccola barca non esiste un tavolo da carteggio quindi, finito il festino, ho lasciato aperto il tavolo centrale sul quale ho lasciato le carte nautiche. Rifaccio il punto e studio il da farsi: Andrea ha ragione, passeremo proprio a due miglia ad Ovest delle Formiche che, per fortuna, hanno un faro che ci consente di avere almeno uno punto di riferimento. Si tratta di un faro che dovrebbe essere in vista già alla distanza di 11 miglia (in presenza di buona visibilità); è posto su Formica Grande, la più a Nord delle isolette che per noi costituiscono "pericolo alla navigazione".

Quando esco di nuovo in pozzetto e riferisco ad Andrea i risultati del carteggio ci sentiamo rassicurati dal fatto che questi coincidano perfettamente con i suoi ricordi (è già passato da queste parti). Tutto sembra in chiaro a bordo del Kikka e riprendiamo le nostre chiacchiere pur tenendo sempre un occhio fisso nel buio nell'attesa che compaia la luce pulsante che ci aspettiamo di vedere una spanna a destra della nostra prua.

Lasciato ormai da un pezzo il canale tra il Giglio e l'Argentario, sembra proprio che le onde si siano fatte più grosse. Non le vediamo arrivare da lontano, non c'è luce abbastanza. Le vediamo comparire solo quando ci sono addosso ed alcune di queste mi fanno temere il  peggio... Ma è solo la mia impressione: penso che forse siamo solo troppo bassi sull'acqua... Tutto qui. Il Kikka infatti si solleva sempre al momento giusto e senza movimenti bruschi rimanendo mirabilmente in rotta senza costringere il timoniere a forzose correzioni sul fronte dell'onda.

È Andrea al timone e naturalmente è Andrea che avvista per primo la luce pulsante di un faro davanti a noi... È proprio lì dove dovrebbe essere e al cronometro leggiamo  6 sec. di periodo: è proprio il faro di Formica Grande.... Proprio la conferma di cui eravamo in attesa.

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Immagine puramente simbolica che non riproduce il faro di Formica Grande

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"Perché non vai a dormire un po' Marcello" - mi dice il mio amico - "faccio io il primo turno di notte... Preferisco perché non ho ancora sonno..."

Ci rifletto un attimo... Non sono tipo da andare a dormire nel corso di una burrasca quando navigo sulla mia barca... Ma mi fido di Andrea ed acconsento volentieri pensando che sia meglio risparmiare energie e tenersi pronti in caso di imprevedibili peggioramenti. Sarà la prima ed unica volta che questo accade nella mia vita di marinaio, ma vado in branda tranquillo e rilassato. So quel che faccio.

Mi addormento quasi subito mentre con tutti i sensi percepisco il ritmo meravigliosamente coerente di una navigazione controllata: so che tutto va bene in coperta. Una volta tra le braccia di Morfeo faccio un unico "sonno senza sogni" fino alle sei del mattino quando riapro gli occhi ed esco in pozzetto per dare il cambio. L'alba non è lontana ed il mare è peggiorato. Andrea mi riferisce di due o tre momenti adrenalinici durante la sua guardia e mi avverte: "mano a mano che ti avvicini al canale tra l'Elba e Piombino il vento aumenterà ed il mare si farà più aggressivo... Non è più come quando sei andato a dormire, adesso ogni tanto devi anticipare l'onda... Svegliami se hai bisogno!..."

Ha ragione!... La barca adesso non naviga più "da sola", occorre accompagnare il moto ondoso e talvolta giocare d'anticipo: bisogna imparare a sentirla, come facevo da ragazzo quando uscivo col dinghy nel golfo del Tigullio con mare formato. Ormai conosco il mio Supermistral: l'anno scorso, andando alle Eolie, ho avuto la possibilità di vederne il comportamento in ogni condizione.

Anche Andrea non ci mette molto a cadere in un sonno profondo; mi auguro che riposi bene nonostante lo sballottamento... È importante che si svegli in forma... Fino a Genova è ancora lunga.

Quando entriamo in vista dell'isolotto di Cerboli e dell'isola di Palmarola nel Canale di Piombino la burrasca in corso diventa maledettamente seria. Ormai devo governare continuamente per evitare che in uno dei suoi guizzi la barca mi sfugga di mano. Nelle raffiche più violente il boma tende ad alzarsi e la randa va a toccare sulle crocette. Il vang è ben cazzato ma non basta. Si tratta di poco, ma il problema esiste. Questa volta possiamo proprio dire di volare sull'acqua: questa velocità su questa barca non l'avevo ancora vista. Non ho voglia di svegliare Andrea e non posso lasciare la barra neanche per un secondo... La randa dovrà cavarsela da sola.

Ma le antenne del mio compagno d'avventura sono in funzione e vedo emergere il suo viso ancora assonnato all'interno dell'apertura del tambucio. "Come va? - mi chiede - "Ho sentito dei rumori sospetti..."

Gli spiego quale sia la situazione e decidiamo di ammainare la randa per procedere di solo fiocco. Essendo in due alle manovre, l'operazione si svolge con semplicità... Quasi che ci fossimo allenati per coordinarci.

Sorpresa!... Andrea assicura la  randa ammainata e poi mi avverte: "abbiamo tutte le stecche a brandelli... I pezzi e le schegge potrebbero danneggiare la vela... Abbiamo fatto bene ad ammainarla."

Visto che col solo fiocco a riva la velocità sembra non diminuire, per il momento continueremo la nostra corsa verso Genova... Voglio sfruttare ogni istante di questo vento favorevole. Per la randa, poi si vedrà... Ho il mio asso nella manica.

Poi, piano piano ci allontaniamo dall'Elba. Il vento rimane feroce ma il mare molla parzialmente la sua presa: non ci costringe più ad un'attenzione spasmodica con la sensazione che ogni minuto sia buono per traversarsi all'onda. Passa almeno un'ora prima che la situazione cambi a tal punto che dico ad Andrea: "Prendi tu la barra, io vedo di sistemare la randa... Penso che tra poco il vento mollerà ancora quel tanto che basta per issarla di nuovo."

Il mio compagno di viaggio si dimostra scettico: "Forse non mi sono spiegato" - mi dice - "le stecche sono tutte sbriciolate all'interno delle loro tasche... Cosa intendi fare?"

Il lavoro peggiore si rivela l'operazione per estrarre tutti i pezzi di legno che non ne vogliono sapere di uscire solo grazie alla forza di gravità e ci metto quasi mezzora a togliere tutto. Poi, sotto gli occhi increduli di Andrea, tiro fuori la sega, la carta abrasiva e per ultimo quel che rimane della stecca lunga quattro metri che ho comprato nella passata stagione da un falegname di Lipari.

Mentre sego, sagomo e levigo, spiego al mio amico quel che mi è successo l'anno scorso: non è la prima volta ormai che faccio questo lavoro!... (-click-)

Non passa molto tempo che il Kikka ha di nuovo la sua randa a riva e continuiamo a procedere a forte velocità in direzione della rada di La Spezia. Ho fatto due conti ed ho deciso di passare la Gorgona lasciandola alla nostra sinistra: l'aumento di miglia per arrivare a Genova sarà irrilevante ma, in compenso, guadagneremo in sicurezza... In caso di guai saremo più vicini ad un porto dove rifugiarci.

Procediamo di buon passo e tutto lascia credere che arriveremo a destinazione senza ulteriori sorprese. Il mare nel frattempo diventa sempre meno mosso e il morale sale alle stelle:"Avresti dovuto vedere... Mentre dormivi... Ad un certo punto un'onda quasi saliva a bordo... Ho proprio creduto che avrei fatto il bagno..."  dice l'uno... E l'altro risponde: "Perché tu non hai visto quando quella raffica ci ha portato all'orza senza che potessi contrastarla al timone... Non ti volevo svegliare... Per fortuna ti sei svegliato da solo...".

Poi, come sa fare il mare, senza preavviso, comincia a cadere una pioggia scrosciante e contemporaneamente il vento cessa quasi del tutto. L'acqua assume quel colore grigioverde tipico delle giornate di pioggia e l'onda si placa. Accidenti!... Genova che sembrava così vicina adesso diventa una meta irraggiungibile. Questa volta accendiamo il motore; io aggiorno la stima e decido di puntare su Antignano:  situato 3 miglia a Sud di Livorno, è il porticciolo più vicino dove possiamo atterrare. Ci conviene entrare e provare a cercare un posto barca nel locale Circolo Velico. Ormai il più è fatto. Se ce lo danno per qualche giorno, posso sfruttare il ponte del primo maggio per portare il Kikka a Genova.

Quando imbocchiamo l'ingresso del porto la pioggia ormai è cessata da un pezzo. Riduco la velocità al minimo per prudenza... E faccio bene. Nel passaggio tra i due moli, nel punto più stretto, vedo benissimo il fondo fatto di rocce e di pietroni così vicino da aspettarmi di toccare. Ma, per fortuna, riusciamo ad entrare senza danno e occupiamo un posto libero sul molo di sovraflutto. Sembra proprio che non ci sia nessuno. Ci prepariamo e scendiamo a terra a controllare... La sede del circolo ha la porta aperta... Chiediamo permesso, ma nessuno risponde... Poi troviamo il nostromo intento a pulire: ieri sera si è fatto tardi... Ci accoglie con cordialità e concordiamo subito per lasciare il Kikka fino a giovedì prossimo quando conto di ritornare con moglie e figlio per affrontare l'ultimo "pezzo" che ci porterà a Genova.

Il viaggio... Quello che conta... È finito. Lo ricorderemo per un pezzo. Andrea tornerà a Roma ed io partirò per Milano... Ma non prima di aver festeggiato.

La sera ce ne andiamo in un ristorantino in uno dei vicoli lì vicino e dopo aver ben mangiato finiamo presto la serata in branda per recuperare il sonno perduto. Poi, l'indomani ciascuno prende il suo treno: si torna a casa.

 

DA ANTIGNANO A GENOVA SESTRI PONENTE

 

Per completezza di informazione, voglio riportare quel che succede nella tratta finale del viaggio che ci porterà fino a Genova. La settimana successiva al week-end lungo del 25 aprile utilizzato per portare la barca da Fiumara Grande ad Antignano è la settimana del primo maggio che cade di giovedì. Decido quindi di fare il ponte e di usare questi quattro giorni per completare il viaggio: con tutta la famiglia andrò in treno ad Antignano. Così, la mattina del primo giorno di "festa", molto presto, ce ne andiamo tutti alla stazione centrale: arriveremo a destinazione verso le undici. Raggiunta la barca, ci mettiamo poco a prendere il mare e facciamo rotta per la rada di La Spezia che dista circa una quarantina di miglia. È una tappa lunga ma quest'anno abbiamo il motore che ci da una mano. Arriviamo a Porto Venere col buio dopo un viaggio senza storia. Troviamo posto, poppa in banchina e ancora a prua, nell'angolino Ovest del porticciolo dove le barche grosse non possono stare a causa dei bassi fondali.

Dopo un'ennesima serata di festa, questa volta con moglie e figlio, decidiamo di rientrare tutti a Milano il giorno dopo: ritornerò da solo in barca il sabato per portare il Kikka a Genova. Cosa che faccio avendo cura di arrivare in auto a Sestri Ponente e da qui prendere il treno per Porto Venere (in questo modo, al mio arrivo, potrò rientrare a Milano comodamente in auto e, magari, anche portare alcune cose con me).

Quando esco dallo stretto passaggio tra la costa e l'isola della Palmaria, le onde che entrano mi costringono a mettere il motore al massimo per cercare di contrastare lo "sballottamento" che ci spinge a caso di qua e di là come se la barca fosse ubriaca... Ma il fenomeno si esaurisce una volta fuori e metto in rotta per Genova.

Quando la sera, poco dopo le sei, mi trovo a passare davanti a Portofino, decido che non ha senso andare avanti anche di notte. Piuttosto, visto che mi sento quasi arrivato, pernotterò qui e domani avrò tutto il tempo di chiudere il viaggio con successo.

Splendida serata a Portofino: questa è casa mia. Ai tempi del dinghy, venivo qui quasi ogni giorno da Rapallo dove avevamo la casa delle vacanze estive. Conosco ogni angolino e alcuni mi riconoscono. Non mi sembra vero essere qui adesso con una barca che viene da lontano e che mi può portare lontano. Le banchine del porto sono quasi vuote ed io mi tolgo la soddisfazione di portarmi poppa in banchina nello stesso posto che "puntavo" quando venivo da ragazzo. All'epoca c'era un vecchietto che raggranellava delle mance aiutando i grossi yacht ad ormeggiare: un po' come quegli abusivi che si trovano ogni tanto nei pubblici parcheggi. Ogni volta faceva finta di non conoscermi; mi guardava fisso dall'alto della banchina mentre facevo manovra come se il dinghy fosse una nave (era il mio gioco di allora) e non appena, finito l'ormeggio, scendevo a terra mi faceva sempre la stessa domanda:" Ci stiamo tanto qui con questa nave?"

Sapeva perfettamente che sarei sceso solo per andare a comprare la focaccia che mi avrebbe fatto da pranzo consentendomi di passare in mare l'intera giornata... Ma non rinunciava alla sua battuta... Era un modo per accelerare i miei tempi: da un momento all'altro sarebbe potuto arrivare un ricco yacht da ormeggiare e non era il caso di ostacolarlo con una barchetta.

Il giorno dopo, con tempo buono e con l'uso del motore, giungerò a Genova Sestri Ponente dove finalmente il Kikka sarà ormeggiato al suo nuovo posto. Ho già prenotato, alla Lega Navale, per metterlo in secca: faremo dei grandi lavori (tra cui la riverniciatura totale ed il cambio del nome - si chiamerà TREMAR, ovvero MARcello, MARgherita e MARco).

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