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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

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Fine

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Katàkolon - Monemvasia

Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

Navigation

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Non nascondo una certa insicurezza di fondo nel salpare su AURORA con destinazione Kyparissia. Questa sostituzione della batteria del motore non mi convince. Ad ogni modo non possiamo fare diversamente e salpiamo da Katàkolon in una bella giornata con poco vento e mare calmo. Sarà una piccola tappa di circa 27 miglia ed arriveremo prima di pranzo.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                          (immagine satellitare 1)

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Foto dai nostri itinerari

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Rotta fatta da AURORA da Katàkolon a Monemvasia, passando per i tre capi a Sud del Peloponneso.

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Contact

 

ilviaggiodeljulymail@gmail.com

Come ho già avuto modo di dire, non siamo mai stati prima a Kyparissia e siamo piuttosto curiosi: le foto che abbiamo visto e i "compagni marinai" che ce ne hanno parlato ci hanno dato un'immagine di un porto abbandonato con scarso passaggio e lontano dal centro abitato, tuttavia ben protetto da ogni tempo. È troppo importante conoscere il più possibile il mare che si frequenta e soprattutto i porti rifugio disseminati lungo le rotte che possono diventare fondamentali per la sicurezza in caso di bisogno. Kyparissia potrà anche non essere un "bel posto", ma è sicuro: passare per una notte, solo per dare un'occhiata, è dovere del marinaio.

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Foto del porticciolo di Kyparissia presa dal tavolo del ristorante nel quale abbiamo pranzato.

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La foto sopra mostra il porticciolo di Kyparissia visto dal ristorante nel quale pranziamo. In fondo, la descrizione del porto come una "cattedrale nel deserto" non è troppo lontana dalla verità. Il porto è enorme e tuttavia facciamo quasi fatica a trovare posto. Ciò è dovuto al fatto che essendo un porto non gestito, esistono gomene abbandonate a mezz'acqua, bassi fondali e zone quasi inavvicinabili a causa del calcestruzzo col quale hanno costruito le banchine che è un serio pericolo per le nostre fiancate.​ La conclusione è che bastano poche barche per occupare i pochi posti disponibili.

 

Ad ogni buon conto, la mattina dopo partiamo contenti di aver conosciuto Kyparissia. Adesso conosciamo la situazione e sapremmo come approfittare di questo porto rifugio in caso di necessità. La giornata si presenta bella come al solito e navighiamo di buon passo verso Sud in direzione di Methoni dove intendiamo passare la notte all'ancora nella sua bella baia.

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In viaggio verso Methoni, passiamo al traverso di Pylos, nella baia di Navarino.

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Nella foto sopra si vede il momento in cui passiamo al traverso della famosa baia di Navarino dove, a Pylos, ci siamo fermati una ventina di giorni aspettando una finestra di tempo maneggevole per andare a Creta. All'epoca venivamo dalla Tunisia e in quell'occasione abbiamo conosciuto i nostri amici Franca e Sandro ( - click - ).

 

L'arrivo e la sosta all'ancora a Methoni, in una giornata così bella per la navigazine, non ha storia. Quindi mi limito a presentare solo qualche foto ricordo di un posto così suggestivo (una grande fortezza veneziana occupa tutto il promontorio e una specie di torre-castello, molto caratteristica, edificata su un grosso scoglio, sembra sorgere direttamente dal mare). 

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AURORA nella baia di Methoni. (passa il mouse sopra la foto ed usa le freccie).   (istruzioni)

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Il tempo passa veloce fra qualche bagno e tanto relax. Quando viene la sera e si fa ora di cena, Margherita prepara la tavola nel pozzetto così da mangiare immersi in uno scenario suggestivo che per di più continua a cambiare colori e sfumature mano a mano che il tramonto si trasforma in una bella notte che brilla delle luci della costa.

 

La mattina seguente facciamo rotta verso Sud-Est per doppiare il promontorio dietro il quale troveremo Porto Kayo, nostra destinazione della giornata.

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AURORA in viaggio da Methoni a Porto Kayo (passa il mouse sopra la foto ed usa le freccie).

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Con riferimento alla immagine satellitare 1 (vedi la cartina all'inizio di questa web page), la nostra destinazione di oggi, Porto Kayo, si trova appena dopo aver doppiato Capo Matapan, il secondo delle tre "dita" che caratterizzano la parte Sud del Peloponneso. È per noi la seconda volta che facciamo questa rotta e conosciamo bene le caratteristiche della navigazione in questo specchio d'acqua un po' speciale. Faccio riferimento al fatto che da queste parti si trovano spesso un vento e un mare che rendono l'avanzamento piuttosto impegnativo e questo fenomeno si verifica, per le piccole imbarcazioni e non certo per le navi, anche nelle giornate di bel tempo. Oggi, appunto una giornata di bel tempo, mi aspetto che appena doppiato Capo Matapan delle raffiche di vento a trenta nodi spazzino il mare a ridosso del promontorio seguendoci con questo fenomeno in intensificazione fino a Porto Kayo dove cercheremo rifugio per la notte buttando l'ancora davanti all spiaggia che orla il fondo di questa baia protetta dal vento dominante che qui spira generalmente da Ovest.

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Foto di Porto Kayo. Si nota chiaramente come la baia sia quasi completamente "chiusa" e ben protetta.   (istruzioni)

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Come mi attendevo, un vento molto “arrabbiato” ci segue fin dentro la baia: chiunque non conoscesse il fenomeno potrebbe pensare che stia cominciando una seria burrasca, ma è tutto un bluff. Una volta dentro la baia, il vento si calma, ma non del tutto. Ogni tanto potenti raffiche si incanalano tra le alture circostanti e piombano sulle barche in rada con tutta la violenza di cui sono capaci. Sono contento di avere come ancora una Rocna questa volta: quando col July ho cercato di fare testa con una Bruce ho dovuto ripetere la manovra tre volte. So bene che il problema è il tipo di “fondo”: l'ancora morde il terreno, ma è proprio quest'ultimo che cede; tutta la baia è piena di posidonia che riempe il suolo di radici facendo sì che il terreno tenda a sfaldarsi.

Così, una volta scelto il posto, do l'ordine a Margherita di calare. Manovra perfetta: l'ancora prende bene e lascio andare cinquanta metri di catena. Con 5-7 metri d'acqua è una lunghezza di grande prudenza: dovremmo essere a posto.

Tuttavia, sempre per prudenza, lascio il motore acceso e prendo un allineamento a terra: voglio controllare che sotto la spinta delle potenti raffiche l'ancora non ari. Non è facile esserne certi: la barca cede abbattendosi ora a destra ora a sinistra con delle evoluzioni che non mi lasciano ben capire cosa realmente stia accadendo.

Passo mezzora in attenta osservazione, poi, visto che continuo a non sentirmi sicuro, decido di salpare e ridare ancora.

Per non dilungarmi troppo, dirò solo che anche questa volta, Rocna o non Rocna, devo dare ancora tre volte e, quando alla fine spengo il motore, lo faccio per “stanchezza” non perché mi senta sicuro.

 

Comunque alla fine siamo fermi; le raffiche sembrano diradarsi e soprattutto di minore intensità. Io metto in mare il gommone e ci prepariamo ad andare a terra dove prenoto un tavolo per cena al ristorante Akrotiri proprio sulla spiaggia. Prendiamo una birretta, facciamo due passi e poi rientriamo a bordo per passare il resto del pomeriggio “a casa”: scenderemo una seconda volta per cena.

 

Che dire?… La barca mantiene la sua posizione, il vento continua a calare, la sera si annuncia splendida e noi ci sentiamo felici di essere così avanti: sappiamo che la prossima tappa ci porterà in Egeo, la nostra vera meta.

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Dopo una splendida serata, esaltata dal fatto che la nazionale di calcio ha vinto contro l'Inghilterra e siamo campioni d'Europa, passiamo una notte calma e tranquilla e quando ci risvegliamo al mattino “sentiamo che il mondo è nostro”… Che dire?… Siamo proprio fortunati a trovarci in questo posto meraviglioso nel mezzo del nulla irraggiungibile dalla civiltà col suo inquinamento di persone, di odori e di suoni che ci perseguitano ovunque si vada.

Così, senza fretta, ci prepariamo a partire. Quando tutto è pronto ed ho impostato la nuova rotta sul plotter, non devo fare altro che accendere il motore e salpare l'ancora. Margherita è già a prua. Una rapida occhiata in coperta e via: accendo il motore.

 

ORRORE: non parte.

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Il motorino d'avviamento che non intende funzionare (foto inviata ad un meccanico per farmi aiutare).

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È panico a bordo. Non voglio dire che il "comandante" perda la testa, ma semplicemente che sono pienamente consapevole che avere aiuto in questo posto è difficile e, senza motore, neppure stare fermi è sicuro. Se venisse il vento e l'ancora dovesse arare, incapace di qualsivoglia reazione, la barca sarebbe in balia delle forze della natura (non sempre benevole da queste parti).

 

Ad ogni modo, cerco di trovare in me tutte le risorse di cui dispongo: in fondo conosco bene tutta la teoria sui motori… vedrò di ragionarci su. Ma quando apro l'accesso laterale al motore per controllare il motorino d'avviamento mi viene un colpo. Nella mia teoria ci dovrebbero essere solo due o tre fili: due per azionare il pignone e l'altro per portare il positivo della batteria. Invece mi appare un autentico groviglio di cavi (foto sopra). Pensare di metterci le mani, almeno in questo momento è sciocco: rischierei di fare danni laddove invece forse esiste solo un problemino superabile.

 

A questo punto mi viene l'idea di fare una foto e cercare di avere aiuto a distanza da un meccanico italiano di cui ho il numero di telefono: niente da fare… non dico che si dimostri proprio scortese, ma manca poco. Non mi resta che scendere a terra per chiedere aiuto al ristorante dove abbiamo cenato ieri. Così prendiamo il battellino ed andiamo a vedere se riusciamo ad avere un qualche risultato.

Si dimostrano gentilissimi: fanno due o tre telefonate ma alla fine scuotono la testa sconsolati. Il fatto è che la città più vicina dalla quale potrebbe giungere un aiuto è Kalamata, lì c'è un porticciolo ed un meccanico, ma sebbene io sia disposto a pagare “qualsiasi cifra”, nessuno vuole venire.

Mi sento veramente disperato: vorrei poter pensare che il problema è serio, ma la realtà è che è senza soluzione. Mentre rientriamo a bordo sul gommone cerco di non esternare la mia disperazione. Penso piuttosto a cosa potrei fare per mettere AURORA in sicurezza perché salpare alla vela proprio non è il caso. Lo farei… eccome se lo farei… ma le condizioni non lo permettono. La barca pesa diverse tonnellate e non ha l'agilità di una deriva. I venti in questa baia, quando arrivano, sono forti a raffica e cambiano repentinamente direzione: finiremmo "a scogli”.

 

Lego il tender a poppa e saliamo sconsolati: ho proprio esaurito tutte le idee… non so veramente che fare e Margherita non tace un momento. “Sei sicuro di aver acceso il motore correttamente? - mi dice - ”pensaci bene… fammi vedere come si fa". Ho bisogno di pensare: mi sento in un vicolo cieco… ci sarà pure una possibilità di fare qualcosa! Ma Margherita insiste… mi impedisce di pensare.

 

Così, solo per farla tacere un momento, un po' indispettito le dico: “ma come vuoi che si faccia?… Si fa in questo modo”. E così facendo giro quella chiave che avevo già girata prima mille volte… e il motore parte all'istante.

 

Non credo d'esser capace di descrivere a parole la sensazione che provo in una simile circostanza. Mi limiterò a dire che non sono mai riuscito a salpare in così poco tempo: in un paio di minuti ci troviamo fuori in mare aperto e dirigiamo per Monemvasia.

 

Mentre cerco di superare lo sgomento che questa avventura mi lascia addosso, non posso che fare una considerazione che non avrei mai pensato di fare. Mi ricordo quel che ieri pensavo di Porto Kayo:

 

Siamo proprio fortunati a trovarci in questo posto meraviglioso nel mezzo del nulla irraggiungibile dalla civiltà col suo inquinamento di persone, di odori e di suoni che ci perseguitano ovunque si vada.”

 

Beh!… Credo che dovrei rivedere la mia posizione sull'argomento.

 

 

 

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Sequenza fotografica del passaggio di Capo Maleas (passa il mouse sulla foto ed usa le frecce)

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Dopo la “terribile esperienza” del motore che si rifiuta di partire proprio in un posto bello ma “abbandonato da Dio” nel bel mezzo del passaggio Sud del Peloponneso, il viaggio riprende nel migliore dei modi. Tempo bello e mare buono ci accompagnano fino a doppiare Ak Maleas, il famigerato Capo Horn del Mediterraneo che, in barba alla sua terribile fama, ci fa passare in scioltezza (vedi sopra sequenza fotografica) regalandoci violente raffiche a trenta nodi che soffiano solo per qualche decina di secondi senza influenzare la superficie del mare che rimane tranquillo per tutto il viaggio ed alla fine… SIAMO IN EGEO.

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La navigazione, una volta doppiato il capo, diventa semplice: non che fino al momento non lo sia stata, ma le attenzioni e le precauzioni che ci hanno accompagnato nel tratto precedente non esistono più. È vero che tutto è andato come meglio non poteva, ma la cattiva fama di quelle acque rimane un pensiero costante per il marinaio. Così non tardiamo ad arrivare a Monemvasia: uno scalo che conosciamo bene.

Un primo giro di “ricognizione” ci fa capire che un posticino per noi proprio non c'è… Che sfortuna!… Proprio non ci voleva!…

È il momento di fare spuntare “un coniglio dal cappello”. Forse ci possiamo sistemare in punta al pontile… è un ormeggio a rischio… ma con alcuni accorgimenti da vecchio marinaio posso trasformarlo in un posto sicuro (foto sotto).

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AURORA ben “sistemata” rimane al suo posto anche quando gli altri salpano lasciando acqua libera per noi.

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A Monemvasia ci sentiamo ormai arrivati. I nostri amici, coi quali abbiamo un mezzo appuntamento sono al momento a Methana (Golfo Del Saronico) e noi pensiamo di raggiungerli presto, non prima però di aver provveduto a far riparare il motorino d'avviamento “come si deve”. Ho fatto delle prove ed al momento sembra funzionare… ma non mi fido.

Passiamo qualche giorno di pura vacanza in questo scalo che conosciamo bene ( - click - ), mentre nel frattempo cerchiamo di risolvere il nostro problema tecnico.

Una volta appurato che in loco non c'è possibilità di affidarsi a tecnici qualificati, decido di risolvere la cosa in modo radicale.

Già da qualche tempo Margherita insiste per non tornare a fine stagione al nostro posto barca allo Yachting Kroton Club. Sostiene che dovremmo tornare nei porti italiani solo quando non ci sentissimo più di navigare per “raggiunti imiti di età”… e adesso non è ancora il momento.

In effetti, io mi sento ancora abbastanza lontano dal “gettare la spugna”, così decidiamo che a fine stagione ci uniremo ad altri nostri amici che tengono la barca a terra a Kilada. Il cantiere di Kilada è famoso per essere caro, ma anche per eseguire lavori a regola d'arte (cosa rara in Grecia).

Beh!… In un colpo solo possiamo risolvere tutto: da Monemvasia andremo a Kilada dove faremo il contratto con il cantiere e faremo riparare il motorino d'avviamento.

Fatte alcune telefonate, organizzo tutto: passeremo qui ancora qualche giorno e poi partiremo sapendo di essere attesi da chi ci risolverà il problema.

 

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Come testimonianza del periodo di "vera vacanza” che ci concediamo a Monemvasia, niente di meglio di questa foto.

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