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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

Rotta del July da Paleokastritsa a Gaios, nell'isola di Paxos.

Abbiamo ricordi incredibilmente belli di quella sosta a Paxos. Era nel 1993 ed avevamo appena comprato la barca nuova: ci eravamo spinti fino alla Grecia che non avevamo mai visitato prima. A bordo con noi c'era nostro figlio Marco con un suo amico ospite a bordo. Paxos ha tutte le caratteristiche della tipica isola greca: un'isola con un paesino sul mare che inizia e finisce sul litorale banchinato dove è possibile ormeggiare subito di fronte alle case, i bar, i negozi e le taverne. La foto qui sotto è in realtà uno strappo alla regola. Non è stata fatta in questo viaggio, è un ricordo del 1993.

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Fine

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Pythagorion - Arkì

Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

Navigation

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Alle sette del mattino ci accingiamo a salpare da Patmos in direzione di Pythagorion, nell'isola di Samos. Ormai abbiamo maturato la decisione di non tornare più a Kilada: in effetti lo abbiamo detto subito dopo essere partiti dal cantiere… ma in verità la decisione vera e propria, quella dalla quale non si torna più indietro la prendiamo adesso. Andremo al marina, che conosciamo già per averci passato l'ultima stagione trascorsa sul July prima di partire per Crotone ( - click - ) dove l'avremmo venduto.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                          (immagine satellitare 1)

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Rotta del July da Skala, nell'isola di Patmos, a Pythagorion, nell'isola di Samos.

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Quando saliamo in coperta, Isola Bianca, la barca di Aldo, non c'è più: avevano detto che sarebbero partiti alle sei. Io accendo il motore e Margherita molla le cime d'ormeggio: salpiamo immediatamente per guadagnare tempo… so dove andare anche navigando a vista… farò la rotta sul navigatore quando saremo fuori dal fiordo.

La giornata è bellissima e ci sentiamo contenti: lo siamo per la bellezza che ci circonda ed anche perché abbiamo passato due splendide giornate con cari amici che ci hanno aspettato apposta per poterci vedere.

AURORA scivola silenziosa in uno specchio d'acqua lungo e stretto fiancheggiato da colline boschive a sinistra e dalle case di Skala a destra; sopra di queste, in alto avanti sulla destra, si erge possente come un castello il monastero di Patmos, uno dei luoghi simbolo del mondo Ortodosso.

 

Appena fuori, metto la barca in rotta con il pilota automatico… lo faccio ad occhio: fisso una rotta libera da ostacoli in modo da potermi dedicare al plotter… per prima cosa lo accendo.

 

ORRORE !

 

Il plotter non si vuole accendere. La cosa è strana… Quando premo il pulsante di accensione sento distintamente il classico “beep” di ritorno, ma poi non succede niente… il display non si accende. Ripeto la manovra più volte, sto molto attento a non sbagliare nulla… Niente da fare: non funziona.

Mi sento avvilito: il plotter è uno strumento "touch screen", vuol dire che funziona come uno smartphone… se non si accende il display non c'è niente che si possa fare.

Decido allora di mettermi "l'anima in pace": se non c'è niente ch'io possa fare tanto vale farsene una ragione. Tiro fuori allora la mia “arma di riserva”: sul mio smartphone ho installato a pagamento l'App di Navionics che è a tutti gli effetti un navigatore per la nautica (completo con tutte le carte del Mediterraneo). Faccio diligentemente la mia rotta e da questo momento sono in grado di navigare con tutta l'assistenza dell'elettronica come se tutto a bordo funzionasse perfettamente. Do un'occhiata in giro: è un gesto automatico che faccio ogni due o tre minuti per controllare che non esistano pericoli all'orizzonte. Tutto sotto controllo. Così mi stendo sulla panca a godermi il sole di fine Aprile: caldo abbastanza per generare piacere ma non fastidioso o persino eccessivo quando la bella stagione è già inoltrata. Rimango steso con gli occhi chiusi per qualche secondo… quando all'improvviso mi alzo di scatto mettendomi seduto: “vuoi vedere” - mi dico sicuro d'aver trovato… - “vuoi vedere che tutto funziona regolarmente, solo che il display è in stato di ”navigazione notturna" e con questo sole non si vede nulla?…"

 

Un senso frenetico di attività mi pervade (per me questa è una condizione rara ed inusitata), mi precipito all'interno della barca ignorando le domande di Margherita che mi segue dappresso per capire cosa stia accadendo, prendo dal letto la coperta e me la porto salendo le scale fin nel pozzetto: Margherita mi segue. Arrivato davanti al timone, sparisco io, la ruota del timone ed il plotter sotto la coperta. Margherita capisce e ride… ride di gusto… ma io sono concentrato su quel che faccio: non vedo l'ora di capire… di sapere… e accendo lo strumento adesso al buio.

 

EUREKA !

 

Il plotter si accende normalmente. Sono contento… molto contento, mentre Margherita non smette di ridere. Il problema adesso è che non mi ricordo come fare a riselezionare la visione diurna. Lavorerò un altro quarto d'ora prima di trovare come fare… benedetto B&G… sarà anche uno strumento blasonato per yacht a vela o a motore, ma io passo il mio tempo a litigarci: è assolutamente anti-intuitivo.

 

 

 

 

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AURORA appena arrivata a Pythagorion… il porticciolo è quasi vuoto.

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La traversata è lunga una trentina di miglia e non ci mettiamo troppo tempo ad arrivare a destinazione. Quando entriamo in porto c'è qualche nuvola in cielo ed il sole è sparito; in compenso non c'è nessuno o quasi. Faccio un giro di ricognizione perché ad Aprile so già che non troverò i corpi morti tutti funzionanti ed a disposizione: devo trovarne uno “buono”. Quando mi decido la manovra è semplice: di spazio ce n'è quanto se ne vuole (foto sopra).

 

Ormai siamo proprio in vacanza; ci si sentiva in vacanza anche prima, ma adesso è diverso: siamo proprio alla destinazione finale della stagione, nel luogo dove metteremo AURORA a dormire nel prossimo inverno. Da qui in poi decideremo di andare da qualche parte solo per puro piacere.

 

Comunque, visto che siamo qui, decidiamo la mattina del giorno successivo all'arrivo di andare al marina per prenotare direttamente per la prossima stagione. Avremmo potuto anche far tutto a mezzo computer, ma preferisco in presenza… ho i miei motivi. Abbiamo ricordi così belli della stagione passata qui col July che ci dispiacerebbe se ci assegnassero un posto diverso dal “nostro”. Purtroppo la cosa non è affatto semplice: gestire un marina è una cosa complicata e di solito reagiscono tutti molto male quando si cerca di avere da loro un impegno per ottenere un determinato posto barca. Quindi, verso le dieci del mattino, ci facciamo una passeggiatina fin verso il marina e, senza dire niente a nessuno, pigliamo le informazioni che ci servono. Troviamo il nostro amico Mario di Iside (la sua barca) al quale chiediamo direttamente tutte le informazioni che ci servono. Il nostro posto adesso è occupato stabilmente da una barca di gente che conosciamo (sono stati nostri vicini), ma Jörg, un simpatico tedesco che viveva a quel tempo nel marina, è andato via… lo stesso Mario andrà via a Giugno. Insomma, il posto c'è: voglio dire che al massimo sarà distante quattro-cinque metri da dove eravamo col July… ma non cambia niente.

A questo punto ci mettiamo in caccia di Mikailis, il capocantiere: strette di mano e abbracci, due parole sulla pandemia che ci ha tenuti lontano per due stagioni e il gioco è fatto. Andremo l'indomani a formalizzare tutto in segreteria. Ci conoscono, nonostante la mia insistenza non vogliono assolutamente un anticipo o una caparra che dir si voglia: ci trattano proprio da amici. Hanno scritto davanti a me nel registro che il posto che vogliamo è riservato a noi a partire dal 1° di Settembre. Cosa chiedere di più: ci salutiamo quindi con un arrivederci a fine stagione. Adesso siamo veramente liberi… liberi di bighellonare ovunque passando da un'isola all'altra o rimanendo “a cozza” fermi ad oltranza da qualche parte. Vedremo!…

 

Il meteo continua ad essere “bizzoso” sin dal primo giorno. Spesso tira un vento a raffiche che calano dalla collina al nostro fianco; non c'è pericolo, ma la barca si piega sotto queste "fucilate". Abbiamo eletto il bar di fronte, subito di poppa quando si scende, come “nostro bar” e la sera, verso le sei, riprendiamo il rito della birretta-aperitivo: lo facciamo così tanto per fare… per farci venire un po' di famuccia. Poi, verso le sette di sera o ci scegliamo un ristorante o mangiamo a bordo, a seconda dell'ispirazione del momento. Il ristorante “Da AURORA” rimane sempre quello dove si mangia meglio, ma abbiamo i nostri posti… anche quando si va fuori non va poi tanto male.

 

Poi finalmente il meteo migliora, soprattutto però abbiamo un altro stimolo: da venerdì a Pythagorion si pagheranno venticinque euro al giorno per rimanere qui all'ormeggio. Mi spiace, ma è una questione di principio: se devo spendere venticinque euro allora preferisco andare al “nostro” marina. Insomma, tutto concorre a farci schiodare: domani partiremo per Arkì… è deciso.

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Appena arrivati ad Arkì… ma non è stato semplice ormeggiare.

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Il viaggio per Arkì è un viaggio che non ha storia. Partiamo con una bella giornata e le miglia da fare sono poche… il bello però verrà quando daremo ancora.

 

Che bello entrare nel caratteristico fiordo ad "L" che caratterizza questo scalo: è proprio questa conformazione, unitamente ad un'isoletta posta dalla natura proprio di fronte alla sua imboccatura, a farne un porto naturale protetto con ogni tempo. Già da lontano, appena entrati nel lungo bacino interno, mi accorgo che c'è un bel posto... in realtà, ce n'è uno solo: vedo bene tutte le barche messe a pettine con un unico "buco" per noi solo nel mezzo. Ottimo!... È probabile che qualcuno sia andato via da poco lasciandoci la possibilità di sistemarci perfettamente (in realtà vedo che per ormeggiare la barca ci sarebbero altre alternative... ma sono " una seconda scelta" che preferiamo non considerare).

Conosco bene il posto e non ho bisogno di fare un "giro di ricognizione"; così, non appena saremo nella giusta posizione per dare fondo, butteremo l'ancora per portare direttamente la poppa in banchina. Mi accorgo da lontano che ci hanno visto: alcune persone scendono dalle barche pronte a prenderci le cime, quelle delle due barche che avrò di fianco si portano invece sulle fiancate con un parabordo in mano pronte ad intervenire. Troppo gentili: non siamo abituati ai comitati d'accoglienza, di solito facciamo tutto da soli. Comunque, siamo decisi a dare "spettacolo": siamo ben addestrati e sappiamo cosa fare... ed è così. Gettata l'ancora nel punto giusto, stendiamo la catena esattamente nel mezzo fra le catene dei nostri vicini: mi accorgo dal comportamento dei nostri futuri vicini che vedono e apprezzano. Quando siamo ormai già in mezzo a loro, non mi trattengo e mi metto a fare lo "slendido" ringraziando tutti, ora in inglese, ora in francese per la cortesia che dimostrano di fronte al nuovo venuto. Quando ormai la poppa è a non più di cinque metri dalla banchina, Margherita blocca il verricello:

"cala" - le dico - "ancora tre metri"...

"è finita la catena... " - mi risponde - "c'è la cima... cosa faccio?"

Senza dare importanza alla cosa, do l'ordine di mollare. Sin da quando ho comprato AURORA, so bene che finiti i cinquanta metri di catena ho altri trenta metri di cima.

Ma in un istante, sento un terribile rumore e tutto si blocca.

“Marcello” - mi urla Margherita - “devi venire tu… si è incastrato tutto!… il verricello non va più”.

Per la miseria!… In questa condizione il fatto è grave. Ho bisogno di andare a prua a vedere cosa sia successo… non posso riportare fuori la barca col salpa ancore che non funziona. Mi viene un'idea, chiedo ai vicini, che sono sorpresi quanto me, di rimanere lì a controllare le fiancate col parabordo in mano mentre io vado a prua a vedere cosa sia accaduto, metto il motore indietro mezza in modo che rimanendo in tiro la catena tenga la barca ferma nell'attuale posizione. Una volta giunto a prora, mi basta un'occhiata per capire: la cima è vincolata alla catena con un nodo che si è incastrato nel buco in coperta dal quale il tutto fuoriesce per andare ad avvolgersi sul verricello. Ma chi ha fatto quel nodo?… come cavolo si fa a fare una cosa del genere… i vecchi proprietari di AURORA non hanno mai avuto occasione di dare ancora!…

Comunque adesso sono io nei pasticci e ne devo venir fuori. Innanzitutto devo verificare una cosa: ho già sentito dire che le barche francesi di buona qualità hanno una sicurezza, un interruttore salva verricello che scatta quando il carico è eccessivo… probabilmente devo trovare l'interruttore e riattivare il circuito per far funzionare di nuovo il salpa-ancora. Chiedo a tutti un po' di pazienza ancora e vado sottocoperta a cercare l'interruttore: lo trovo tra gli interruttori generali nella cabina di poppa a sinistra… Fatto!… Ora possiamo uscire di nuovo tornando esattamente “sui nostri passi” per non incocciare sulle catene o sulle ancore dei vicini. Ringrazio tutti, metto marcia avanti piano ed AURORA si sfila ripercorrendo a ritroso la strada fatta per arrivare: è importante mantenere la prua nella linea mediana fra le due catene dei vicini. Naturalmente faccio questa manovra lasciando la catena a penzoloni (il nodo la tiene bloccata). Mi allontano oltre i punti di ancoraggio degli altri in modo da non rischiare di incocciare, porto la barca sopravvento e la lascio alla deriva per andare a prua a lavorare. Provo a sbloccare il nodo cercando di riportarlo dentro al gavone con l'asta "blocca verricello" che è sempre li a portata di mano… ma non riesco. Devo allora andare a poppa per riportare col motore la barca sopravvento: lasciata a se stessa AURORA tende a scadere sotto l'effetto della brezza e finire sulle rocce che orlano la baia sottovento. Dovrò rifare la manovra tre volte: provo ancora col martello, ma non funziona… funzionerà usando uno scalpello. Uff!… Finalmente è fatta: rimetto la catena sul "barbotin" (ruota speciale sagomata che fa da puleggia per la catena) e possiamo riprendere il controllo.

Mi rivolgo allora a Margherita: “adesso tutto funziona; dovrai salpare l'ancora per poi rifare la manovra da capo… fai attenzione, è una manovra delicata, io devo riuscire a mantenere la prua della barca lungo l'asse mediano tra le due catene dei vicini e tu dovrai aspettare di essere a picco corto prima di spedare… mi raccomando… un lavoro professionale”.

Così comincia l'operazione di recupero dell'intera catena. Faccio i miei sforzi per mantenere la prua di AURORA sull'asse mediano: il vento è a raffiche e la barca cerca continuamente di sfuggire al controllo. Comunque sento che Margherita continua a recuperare: bene!… non vedo l'ora che sia finita.

Ecco però che quando proprio non me lo aspetto sento un colpo e Margherita mi grida: “Marcello corri… è successo di nuovo… il verricello si è bloccato, vieni a vedere”.

Accidenti!… siamo quasi a picco corto, AURORA si trova proprio nel bel mezzo delle catene dei vicini che dalla prua delle loro barche seguono con angoscia le manovre. Se spedassimo l'ancora, questa scivolerebbe sul fondo seguendo il movimento della barca che tende a scadere sotto l'effetto del vento e finirebbe con l'agganciare la prima catena che incontra. Mi porto sopravvento di qualche metro… di quel che posso… poi corro a prua a vedere: Margherita si dispera… è un errore che non fa mai… era così concentrata a guardare attraverso l'acqua trasparente per fare un buon lavoro che ha scordato di evitare che la catena si ammucchiasse tutta in un punto nel gavone; è un difetto di quasi tutte le barche, l'operazione di recupero della catena non è automatica. Quando la catena nel pozzetto, invece che distribuirsi anche nei lati, si accumula tutta al centro il punto di accumulo sale così tanto da arrivare a poca distanza sotto il verricello; in queste condizioni viene a mancare il peso necessario perché tutto funzioni e la catena continui a cadere… il risultato è che la catena, ormai senza peso, tende a non staccarsi più dal "barbotin" creando un groviglio che blocca tutto.

Con due martellate ripristino la situazione… ma devo andare di nuovo sottocoperta per riattivare per la seconda volta il verricello. Credo che i nostri "futuri vicini di barca" si stiano mettendo le “mani nei capelli”, ma noi siamo in ballo e dobbiamo ballare. Riporto per l'ennesima volta AURORA sopravvento e vado a sbloccare l'interruttore di sicurezza.

Come Dio vuole, l'operazione riesce senza altri problemi: come scoprirà Margherita, la nostra salvezza in questo caso è dovuta al fatto che l'ancora avesse ben agguantato sul fondo riuscendo così a tenere la barca anche a picco corto (o quasi) nonostante il vento.

Una volta rimesso tutto in funzione, Margherita completa l'operazione in modo impeccabile e AURORA libera e “felice” si appresta a ripetere tutto daccapo come se stessimo arrivando solo in questo momento.

La manovra risulta per la seconda volta impeccabile (solo che adesso stendo una minore lunghezza di catena), il comitato d'accoglienza nel frattempo è rimasto tutto sul posto, io rinuncio a fare lo “splendido” ed andiamo in banchina senza alcuna esitazione.

Nessuno fa commenti… neanche noi. Siamo arrivati.

 

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AURORA ad Arkì il secondo giorno dopo il nostro arrivo.

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A dispetto di tanto “show”, non appena scendiamo a terra il tran-tran di tutti i giorni prende subito il sopravvento. Quando si sta in barca così a lungo come facciamo noi ci si abitua: è sempre vacanza. Così, visto che l'ora di pranzo si avvicina, andiamo a salutare il nostro amico della taverna Trypas: lui al momento non c'è ma noi ci sediamo per pranzare… rimarremo qui alcuni giorni… ne avremo occasione.

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La taverna del nostro amico "da Trypas" (in greco “Το Τρύπας”).

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Come creare un sito web con Flazio