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La foto satellitare del tratto di mare chiamato "mare chiuso" ( a ridosso di Lefkada ).

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Cartolina di Natale 2018

Il viaggio è stato bellissimo ed il vento, mano a mano che aumentava, non faceva che aiutarci ad andare più veloci. Il moto ondoso creato dal vento, come lo stesso vento, erano entrambi a favore. Le cose sono cambiate una volta arrivati nei pressi della lingua di sabbia che occorre circumnavigare per entrare nella darsena antistante il ponte levatoio. Infatti, se esaminiamo la foto satellitare riportata qui sotto, si vedono bene i bassi fondali con acqua trasparente che si incontrano avvicinandosi a terra. Inoltre, nella foto è stata evidenziata, da una linea tratteggiata, la zona di bassi fondali non navigabile che si incontra verso costa entrando.

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Spiccare il volo verso la libertà e la conoscenza fa di ogni vita una vita degna d'essere vissuta.

Samaria Gorge - Creta

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Ogni turista che si avventuri a far vacanze nell’isola di Creta, porta a casa solitamente tante “foto ricordo” che, in un modo o nell’altro, parlano di mare. Creta è una lingua di terra proprio nel bel mezzo del Mediterraneo. Si percepisce permanentemente l’isolamento dal resto del mondo perché si è circondati da ampie distese d'acqua. Anche lo stesso mare ha un carattere "tutto suo", così forte da non potersene dimenticare neanche per un momento.

Quel che sorprende è scoprire che Creta ha anche delle catene montuose tanto alte ed imponenti da perdercisi. Si possono attraversare intere vallate impervie di un paesaggio alpino tanto vero e reale che viene da chiedersi se non si sia piuttosto nelle Dolomiti. Dico Dolomiti perché molto spesso il tipo di roccia, di terreno e di vegetazione decisamente vi assomigliano.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                         (immagine satellitare 1)

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L'isola di Creta si sviluppa da est ad ovest per una lunghezza di circa 256 chilometri.

Ormai sono passati quasi due mesi da quando siamo arrivati al nostro posto barca ad Ayos Nikolaos e ci sembra di essere qui da una vita. Due fattori concorrono a farci sentire così chiaramente “stanziali”: il fatto di avere un contratto annuale col marina automaticamente rinnovabile ed il fatto di essere ormai pienamente parte di una comunità che,come noi, vive sull’isola (gli altri equipaggi). Abbiamo i nostri ritmi ed i nostri “riti” che si rinnovano quotidianamente: fare la spesa, mangiare “in casa” davanti alla televisione, un tessuto di relazioni con gli amici, il barbecue settimanale, etc.

Margherita da tanto rimugina di fare un giro in montagna: una gita a Samaria Gorge, una vallata così bella e famosa da essere diventata un sito UNESCO patrimonio dell’umanità. Non è una cosa che si possa fare alla leggera; occorre una certa organizzazione. Innanzitutto serve un mezzo per potersi portare sul posto ( Vedi immagine satellitare 1 - dobbiamo raggiungere il punto A...Arrivo, partendo dal punto B...Base). Qui, il percorso a piedi si snoda per diciotto chilometri in discesa (Vedi immagine satellitare 2) che andrebbero poi ripercorsi a ritroso per ritornare sulla strada. La soluzione migliore è quella di scegliere un'organizzazione specializzata che ha deciso di far questo di mestiere.

Contact

 

ilviaggiodeljulymail@gmail.com

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                              (immagine satellitare 2)

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L'intero tracciato di trekking si sviluppa all'interno di una gola profonda tra rocce anche verticali.

Un bus viene a prenderci ad Ayos Nikolaos davanti al marina. Si parte presto. Appuntamento  alle quattro del mattino. Si attraversa in autobus tutta l’isola fermandoci, qua e là, negli alberghi dove un piano preciso prevede di imbarcare altri “appassionati” che, come noi, amano dormire in piedi a bordo strada. Alla fine del percorso… in auto, comincia il percorso… a piedi. Bisogna camminare per diciotto chilometri lungo una valle d’impluvio selvaggia che si stringe sempre più fino a diventare una stretta gola tra impressionanti fenditure nella roccia viva. Una volta giunti al mare, non occorre tornare indietro a piedi. L'organizzazione prevede un battello che alle ore 18:00 viene a prenderci all'imbarcadero per portarci al pullman che ci aspetta in un porticciolo vicino. Bisogna dire che, così organizzate, le cose funzionano in modo abbastanza convincente. Ciò detto, partiamo.

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Cominciamo a scendere. La prima parte del sentiero si snoda per un bosco di tipo alpino. 

Alle quattro del mattino, siamo puntuali alla fermata davanti al marina. Ci raggiunge un’altra coppia che arriva in auto da un albergo non distante. Il bus però non si vede. Solo dopo tre quarti d’ora lo vediamo spuntare in fondo: ci dicono che hanno tardato a causa di quattro passeggeri saliti prima di noi e di non preoccuparsi del ritardo perché sono sicuri di poter recuperare. In effetti, mentre l’autista guida, sentiamo l’altro telefonare e “riadattare” il programma mano a mano che avanziamo. Alla fine il bus ci lascia in alta montagna, all’inizio del sentiero, all’ora prestabilita.

Da qui si va a piedi: in marcia!

Devo dire che, per quanto mi riguarda, ho proprio fatto un errore di valutazione. Ho pensato: tutta la salita la facciamo in autobus, a noi rimane solo da percorrerre diciotto chilometri in dolce discesa tra i boschi, all'ombra. Per "gente come noi", cosa volete che sia. La foto sopra (scattata da Margherita dopo una mezzoretta di cammino) la dice lunga. Zaino da "collegiale" senza appoggi sull'anca, macchina fotografica appesa come quando si va a far due foto a Piazza Duomo e "scarpette da trekking" modello americano... Roba da duri.

La verità comunque non tarda molto a farsi strada davanti a noi. Infatti, il sentiero dopo poco scompare e ci troviamo nell'alveo di un piccolo torrente. Praticamente si avanza tra i ciottoli che si muovono costringendo le caviglie ad uno forzo continuo per mantenere il corpo in equilibrio. Questo sforzo lo si esercita principalmente attraverso i piedi che cercano un appoggio laterale per contrastare il continuo derapare del terreno. Quando il piede non trova subito l'appoggio, tutti i muscoli del corpo reagiscono per evitare di cadere; quando invece questo appoggio il terreno lo offre subito, è la parte laterale del piede che assorbe il colpo... Spesso sono le dita.

La passeggiata si svolge in uno scenario spettacolare che cambia in modo netto diverse volte. E' molto bella e merita d'essere affrontata nel modo giusto, con le necessarie attrezzature e la dovuta competenza in modo da goderne appieno. Ma, per quanto mi riguarda, il "dado" è tratto: posso solo andare avanti stringendo i denti. Purtroppo anche Margherita ha sottovalutato la camminata: ha problemi anche lei. Quando arriviamo ai resti dell'antico villaggio di Samaria, il piano prevede di fermarsi a mangiare qualcosa. Abbiamo con noi la colazione al sacco naturalmente; il villaggio è abbandonato. Ma decidiamo di non fermarci. Un frutto, un sorso d'acqua e via di nuovo. Non sappiamo cosa ci aspetta e siamo piuttosto doloranti. Il battello per il rientro è alle 18:00: se lo perdiamo dormiamo in spiaggia. Non c'è appello.  In circostanze normali, non staremmo certo qui a discutere sui tempi. Ma, in queste condizioni... Non sappiamo come sarà il terreno nella seconda metà, ma temiamo che sarà persino peggio. Inoltre, non sappiamo come evolveranno le nostre condizioni.

In effetti, ad un certo punto, lo scenario diventa grandioso. Siamo sul fondo di una specie di "Canyon" dalle pareti alte e ripide in modo impressionante, camminiamo nel letto di un torrente che occupa tutto lo spazio disponibile da parte a parte. Non c'è traccia di rive formate dall'acqua che lambisce la costa di tanto in tanto,non c'è traccia dei vasti acciottolati che caratterizzano le anse più tranquille dei fiumi di montagna. Qui tutto è grandioso. Solo massi enormi buttati uno sull'altro dalla forza dell'acqua che qui è solo stagionale. Al momento, tutto è secco... o quasi. Un pò d'acqua scorre sotto, forse, ma non si vede. Io avanzo sempre più dolorante. I piedi, o meglio le scarpe, sono diventate una vera tortura. Mi viene un'idea: ho nello zaino i miei "sandali da fraticello". Decido di metterli. Immediatamente mi accorgo che l'idea funziona. Le dita, proprio la parte più di ogni altra sottoposta a supplizio fino a quel momento, rimangono fuori da ogni azione e fluttuano libere nell'aria. Che sollievo! Mi viene da sorridere. Vorrei vedere la faccia di qualche montanaro delle "nostre parti" se mi potesse vedere in questo momento... Ma la cosa funziona. Proprio i grandi massi che adesso formano il greto del torrente (non più ciottolato semovente) forniscono sempre un appoggio accettabile per queste suole di gomma e le spinte laterali non sono così forti da creare problemi con le sole cinghie che adesso sorreggono il piede.

Arriviamo al punto più stretto: la gola. Tra pareti verticali altissime, il letto del torrente si riduce a qualche metro da sponda a sponda. Dei ragazzi, che stanno facendo la discesa con noi, si mettono a catena, mano nella mano, da una sponda all'altra... Ne bastano due per l'intera larghezza: non arriva a quattro metri. Poi la valle si riapre un pò per allargarsi sempre di più mano a mano che scendiamo. L'orizzonte sgombro davanti a noi ci fa percepire che il mare ormai non è lontano.

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album fotografico    - click -   "Samaria Gorge"      - istruzioni -

Finalmente vediamo davanti a noi il “gabiotto” della guardiola d’uscita dal parco: è finita. I piedi, più del resto, devono sforzarsi per far finta di niente. Qui siamo a Creta… Non sulle Dolomiti. Nessuno sembra accorgersi che indosso sandali da fraticello con tanto di calze “senza buco” a gambo corto. In fondo siamo fortunati: è sufficiente darsi un tono ed, almeno moralmente, la faccia è salva. Chiediamo quanto manca al mare: “circa quattro chilometri”. Ma esiste un autobus che con € 1,50 a testa ci porta fino in paese. Al momento bisogna aspettarlo, ma arriva e riparte a navetta: un viaggio ogni mezzora. Con Margherita ci guardiamo in faccia: “penso ai miei piedi” – Le dico – “non credo ci sia ancora qualcosa da salvare…”. Così decidiamo di proseguire a piedi fino al mare.

Elaborazione di un'immagine di Google Maps                                                                                          (immagine satellitare 3)

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Agia Roumeli, il luogo dove, secondo il programma, alle ore 18:00 il battello ci viene a prendere.

Mentre camminiamo, alcuni minuti più tardi, vediamo l’autobus vuoto venirci incontro dal mare e proseguire alle nostre spalle. E’ l’autobus che avremmo preso noi se ci fossimo fermati. Ancora una decina di minuti e ci ripassa in senso opposto. Comunque, siamo ormai alle prime case e, una volta in paese, ci fiondiamo in un bar taverna che funge da centro di raccolta del gruppo. Veniamo a sapere che gli arrivi contati finora sono circa la metà del totale. Siamo in mezzo. Neanche tra gli ultimi. Incredibile. Decidiamo di andare in spiaggia: “cosa c’è di meglio di un buon bagno ristoratore?” Alle diciotto il battello salperà dall’imbarcadero: noi ci siamo.

 


P.S. Entrambe le unghie dei miei alluci diventeranno nere minacciando di cadere. Non cadranno mai, ma resteranno nere per un anno intero. Margherita, inizialmente, sembrava aver retto meglio. Entro un mese dalla gita, invece, perderà le unghie di entrambi gli alluci.